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giovedì, 16 Maggio 2024
  • Così la tecnologia ha reso le auto più pulite e sicure

    Odio e amore contraddistinguono da sempre il rapporto degli italiani con l’auto. Da qualche tempo però i pregiudizi sono più pressanti e minacciano l’orgoglio di un’industria che ha rivoluzionato profondamente il nostro modo di vivere. È proprio su questo orgoglio che Loris Casadei, presidente dell’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), ha puntato nell’annuale incontro con i media per ridare la giusta dignità ad un settore che in Europa fattura oltre 500 miliardi di euro e sostiene 12 milioni di famiglie.

    L’orgoglio si esprime attraverso la consapevolezza di aver raggiunto traguardi importanti in termini di mobilità individuale, sicurezza e rispetto ambientale. Una vettura del 1970, ad esempio, inquina quanto 100 moderne omologate Euro5. I progressi compiuti dal 2006 hanno portato le emissioni medie ponderate di Co2 da 149 g/km a poco più di 130, obiettivo limite fissato a livello comunitario per il 2012. «Una vettura moderna – afferma Casadei – è anche dell’80% più sicura di una del 2002 grazie a cinture, airbag, freni anti bloccaggio, controllo elettronico di stabilità. Lo testimonia il tasso di mortalità sceso del 39,3% soltanto negli ultimi 8 anni a fronte di un parco circolante in costante crescita».

    Uno sforzo continuo con ingenti investimenti in ricerca e sviluppo (63 miliardi nel 2009) che portano a innovazioni per gli automobilisti di domani. L’impegno dei costruttori verso la propulsione elettrica la renderà presto realtà. Non si potrà però prescindere dal contributo dei Governi (soprattuTto nella prima fase) per garantire rifornimenti con energia possibilmente rinnovabile, altrimenti si finirebbe per inquinare più che con le attuali auto a combustione interna o ibride.

    «Grazie alla straordinaria evoluzione tecnica – spiega Gianni Filipponi, dg Unrae – oggi solo una minima parte dell’inquinamento urbano è legato all’auto. Appena l’8% dei PM10 in città è prodotto dagli scarichi e dall’usura delle gomme. Molto peggio fanno le attività industriali e le centrali termiche (25%), gli impianti residenziali, commerciali e istituzionali (11%), i processi produttivi (10%) e la combustione naturale (10%)».

    Vero che il trasporto nel suo insieme incide per il 29%, ma ciò include il traffico dei veicoli commerciali e bus (14%), di moto e scooter (3%). L’auto rappresenta spesso l’unica scelta per spostarsi efficacemente in città, anche in termini economici. Si stima infatti che il costo del trasporto pubblico nelle città italiane sia di 8 euro per passeggero, di cui soltanto uno a carico del singolo utente fruitore del servizio, mentre gli altri 7 euro ricadono sulla collettività. Il costo dell’auto è di 2,5 euro per trasportato: e sono tutti a carico del fruitore.

    Lo scorso anno il gettito fiscale versato dall’automobile all’erario è stato di 67 miliardi, il 16,2% del totale. Sarebbe interessante sapere quanti soldi sono tornati agli utenti motorizzati in termini di servizi, infrastrutture e semplificazione fiscale. Risulta, ad esempio, che la fiscalità sulle auto aziendali penalizzi le imprese italiane con un ritorno sugli investimenti sul settore pari al 30% contro una media europea del 45%.

    L’Unrae condivide alcune sfide lanciate dall’Acea: adozione di politiche integrate per migliorare ambiente e sicurezza, promozione delle infrastrutture stradali e di quelle che le nuove tecnologie impongono, fiscalità per auto e carburanti basata sulla formula pay-per-use (pagare per l’effettivo utilizzo, non per il possesso). Si chiede un aumento dell’Iva detraibile e un’anticipazione dei tempi d’ammortamento da 4-5 a 2-3 anni. E ancora l’introduzione della Tremonti-ter, soprattutto per i veicoli commerciali e industriali, l’abolizione del bollo (promessa dal Governo), la revisione/riduzione delle imposte sui passaggi di proprietà e il reinvestimento dei proventi delle multe per il miglioramento della mobilità (come previsto dal Codice).

    In attesa di interventi strutturali, il mercato chiuderà l’anno a circa 1,96 milioni di unità, il 9,2% in meno su un 2009 sostenuto dagli incentivi.
    Nel 2011, senza misure straordinarie, si perderanno altre 100 mila unità. Tutto questo mentre nel resto del mondo l’auto corre con crescite a doppia cifra percentuale.

    19/12/2010
    LaStampa.it

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