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  • Contributo ambientale anche per i pneumatici

    A qualcuno forse è sfuggito, ma da quest’anno i pneumatici costano di più. Colpa del crescente costo delle materie prime innanzitutto, ma anche, a partire dal 9 giugno, dell’entrata in vigore dell’art. 228 del Decreto Legge 152/2006 che, uniformandoci a quanto avviene nei Paesi a noi vicini, impone a tutti i produttori ed importatori di pneumatici di provvedere al recupero di una quota di materiale proporzionale a quanto immesso nel mercato nel corso del precedente anno solare. Operazione che, ahinoi, prevede anche un "contributo ambientale" (1,5 Euro a pneumatico per ciclomotori e motocicli; 3,0 Euro per quelli di autovetture ed autocaravan) da parte di tutti coloro che decidono di sostituire i pneumatici originali.

    Tale contributo, spiega il consorzio Ecopneus costituito dai sette maggiori produttori ed importatori, "non è una tassa, ma l’importo necessario per provvedere al completo trattamento dei pneumatici fuori uso" (ovvero per pagare chi va a ritirare materialmente le gomme usate dai gommisti e le porta dove vengono smaltite). Alla fine dei conti però, lo si chiami come si vuole, sono altri soldi che l’automobilista od il motociclista è chiamato a tirare fuori dalle proprie tasche.

    La causa, sia ben chiaro, è più che lodevole. Il problema dello smaltimento dei pneumatici fuori uso è reale ed importante. Oggi si stima che presso gli operatori si generino circa 380 mila tonnellate di pneumatici fuori uso. Una quantità enorme, soprattutto se si pensa che più di un quarto sfugge ad ogni controllo ovvero finisce in discariche abusive o viene semplicemente disperso nell’ambiente con notevoli danni ecologici. La buona notizia, per contro, è che circa la metà di questi pneumatici fuori uso è già avviata al recupero energetico oppure riciclata come polverino e granulato di gomma per produrre asfalti modificati, barriere insonorizzanti ed anti-erosione, fondazioni stradali, superfici per impianti sportivi, tappetini, pannelli isolanti, delimitatori del traffico e membrane impermeabilizzanti.

    Per questo motivo l’operazione recupero organizzata da Ecopneus comprende anche la raccolta dei pneumatici dei veicoli in demolizione, la bonifica degli stock preesistenti presso i gommisti, la tracciabilità del materiale recuperato ed una rendicontazione di quanto raccolto da inviare al Ministero dell’Ambiente. Un grosso lavoro, non c’è dubbio, in nome della salvaguardia ambientale.

    Per il momento il contributo si applica solo ai pneumatici delle sette marche (Bridgestone, Continental, Dunlop, Goodyear, Marangoni, Michelin, Pirelli) che aderiscono al consorzio Ecopneus. Per le altre bisognerà aspettare ancora un po’. Per quelle che nei mesi scorsi si sono rivolte ad Ecopneus, si tratta di una formalità e l’importo dell’eco-contributo rimarrà invariato. Per quelle invece che si sono rivolte ad altre strutture associate o che hanno deciso di occuparsi direttamente della gestione dei pneumatici fuori uso, l’importo del contributo potrebbe essere invece diverso (inferiore o superiore), a seconda dealle stime dei costi di gestione che questi soggetti hanno comunicato al Ministero. Per il momento gli uffici competenti non hanno ancora reso note né quali sono, oltre a Ecopneus, le strutture associate autorizzate, né gli importi dei contributi ambientali da indicare in fattura per tutti gli altri marchi di pneumatici distribuiti nel mercato italiano.

    In attesa che le cose si chiariscano ulteriormente, in un momento in cui dobbiamo tutti fare i conti con il portafoglio, ci viene di suggerire di riprendere in considerazione la vecchia ricostruzione dei pneumatici dei nostri genitori. In fondo, se la carcassa del pneumatico è ancora sana, si può realizzare un buon risparmio, utilizzare una minore quantità di materie prime e dover smaltire una minore quantità di materiale, contando sullo stesso livello di qualità e sicurezza dei pneumatici nuovi, visto che dal 2006 quelli ricostruiti devono essere certificati ECE ONU 108. Ciò vuol dire che devono superare le stesse prove di resistenza, affidabilità e durata previste per gli pneumatici nuovi. Forse vale la pena di farci un pensierino. Per il bene dell’ambiente e del conto in banca. 

                                                                              09 Settembre 2011
                                                                                  repubblica.it

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