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mercoledì, 30 Aprile 2025
  • Come mantenere efficiente il filtro antiparticolato

    Come mantenere efficiente il filtro antiparticolato

    Negli ultimi anni, la rimozione del filtro antiparticolato (FAP o DPF) si è trasformata in una prassi sempre più diffusa tra officine poco professionali. Spacciata come “soluzione definitiva” ai problemi di intasamento, questa pratica in realtà nasconde una lunga serie di rischi tecnici, legali ed economici per il proprietario del veicolo. La verità? Chi propone l’eliminazione del FAP spesso lo fa per ignoranza o per convenienza, mentre il cliente si ritrova con un’auto non conforme, sanzionabile e, peggio ancora, inquinante.

    Perché il filtro antiparticolato si intasa?

    La causa principale dell’intasamento del filtro è l’utilizzo scorretto del veicolo. Molti automobilisti, attratti dai consumi contenuti del diesel, acquistano auto a gasolio che però vengono impiegate solo per brevi tragitti urbani. In queste condizioni, la rigenerazione automatica del filtro non riesce ad attivarsi con la necessaria frequenza, portando a un accumulo anomalo di particolato.

    Un secondo fattore critico riguarda la manutenzione. Alcuni costruttori suggeriscono intervalli di sostituzione dell’olio motore troppo lunghi (20-35.000 km), ma oli esausti o non idonei accelerano l’usura del sistema di scarico. Spesso, inoltre, si commette l’errore di scegliere il lubrificante solo in base alla viscosità, trascurando le specifiche previste dalla casa madre o dalle normative ACEA.

    Un altro elemento spesso trascurato è lo stato delle candelette. Questi componenti, fondamentali per il buon esito della rigenerazione passiva, dovrebbero essere controllati con regolarità e sostituiti preventivamente, non solo quando completamente danneggiati.

    I rimedi sbagliati: una trappola per automobilisti

    Alcuni meccanici propongono la rimozione fisica del filtro, rimpiazzandolo con un tubo vuoto e disattivando le relative spie tramite la centralina. Apparentemente, il veicolo torna a funzionare senza problemi, ma si tratta solo di un’illusione. In molti centri revisione, i controlli sono ancora superficiali, ma un semplice sollevamento su ponte può rivelare l’assenza del filtro.

    Esistono addirittura officine che pubblicizzano online la rimozione dei FAP come servizio professionale. Tuttavia, basta un controllo su strada da parte delle Forze dell’Ordine o presso una stazione mobile per trasformare un “risparmio” in un grave problema legale.

    Le conseguenze legali (ed economiche) della rimozione del FAP

    Rimuovere un filtro antiparticolato equivale ad alterare un dispositivo omologato per il contenimento delle emissioni. In caso di controllo, si applica l’articolo 78 del Codice della Strada: oltre 1.000 euro di multa, ritiro del libretto di circolazione, obbligo di ripristino e revisione presso la Motorizzazione.

    Nei casi più gravi, l’automobilista può essere denunciato per inquinamento ambientale, con conseguenze anche sul piano penale. A questi costi, vanno sommati quelli per un nuovo FAP, per l’intervento tecnico, per la revisione e per eventuali consulenze legali.

    La vera soluzione: informazione e manutenzione

    Invece di rischiare multe e denunce, è molto più efficace lavorare sulla prevenzione. L’automobilista va informato fin dall’acquisto: il diesel moderno non è adatto a chi percorre solo brevi tragitti in città. È fondamentale anche pianificare un programma di manutenzione coerente, con sostituzione dell’olio entro 10-15.000 km, uso di lubrificanti a specifica corretta e controlli periodici sulle candelette.

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