Mentre il mercato europeo dei veicoli elettrici continua a registrare una crescita a doppia cifra, Tesla frena in modo vistoso in due Paesi chiave. A maggio 2025, le immatricolazioni in Spagna sono scese del 29% rispetto allo stesso mese del 2024, nonostante le vendite di auto elettriche e ibride abbiano fatto segnare un aumento del 72%. Nei primi cinque mesi dell’anno, il bilancio per il marchio californiano è in negativo del 19%, a fronte di una concorrenza sempre più agguerrita, guidata da brand cinesi come BYD, MG e Omoda, capaci di moltiplicare le consegne con incrementi a tre cifre.
Un’offerta limitata ai soli Tesla Model 3 e Model Y, tempi di attesa prolungati per la nuova generazione “Juniper” e l’assenza di proposte sotto i 30.000 euro spingono molti acquirenti verso soluzioni più accessibili e immediatamente disponibili.
Tesla, in Svezia il marchio paga le scelte di Musk
Se in Spagna i numeri sono preoccupanti, in Svezia il quadro è ancor più allarmante: Tesla ha visto crollare le immatricolazioni del 53,7% a maggio, dopo il tracollo dell’80,7% registrato ad aprile. A maggio, le consegne si sono fermate a 503 unità. Oltre alla pressione competitiva, sul mercato svedese pesa il malcontento nei confronti del CEO Elon Musk, le cui dichiarazioni pubbliche e simpatie politiche, dall’appoggio a forze conservatrici europee ai rapporti con Donald Trump, hanno suscitato boicottaggi e diffidenza diffusa. Secondo un sondaggio Novus, appena l’11% degli svedesi ha oggi una visione positiva del brand, mentre il 63% esprime un’opinione negativa.
A peggiorare ulteriormente la situazione, resta aperta la vertenza con il sindacato IF Metall, in sciopero dal 2023 per protestare contro i licenziamenti degli assistenti tecnici: si tratta del conflitto sindacale più lungo nella storia recente della Svezia, con pesanti ricadute sull’immagine pubblica del marchio e sulla qualità del servizio post-vendita.
La perdita di fiducia e le lacune strategiche aprono spazio alla concorrenza
Il cosiddetto “Musk effect” ha avuto effetti concreti sul comportamento d’acquisto, allontanando i consumatori più attenti a temi etici e sociali, soprattutto nei Paesi del Nord Europa, dove il rispetto istituzionale e la neutralità sono valori centrali. Tesla paga anche il ritardo nell’ampliare la gamma verso il basso e nel proporre modelli che possano competere con l’assalto delle Case cinesi e delle rivali europee, sempre più rapide nell’espandere sia l’offerta di prodotto che la rete di assistenza.
Il risultato è una contrazione evidente della quota di mercato in un continente che, al contrario, continua a spingere forte sulla transizione elettrica. Il valore delle azioni della Casa madre ha segnato un ribasso fino al 15% rispetto ai massimi annuali, mentre diversi analisti hanno rivisto al ribasso le previsioni di crescita per l’area europea.
Per Tesla si apre ora una fase delicata: l’arrivo del nuovo Model Y “Juniper” sarà cruciale, ma lo sarà anche la capacità di riposizionare il marchio rispetto alle continue controversie che circondano il suo fondatore. Il simultaneo crollo in due mercati così diversi segnala una verità scomoda: l’Europa non è più un terreno sicuro. E il tempo per reagire si sta rapidamente esaurendo.