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giovedì, 18 Dicembre 2025

Bruxelles rivede il 2035: svolta sulle regole della transizione

Bruxelles rivede il 2035: svolta sulle regole della transizione

In Europa l’automotive non è soltanto un comparto industriale: è occupazione, filiere strategiche, cultura tecnologica e visione del futuro. Proprio per questo la revisione delle regole sulla transizione ecologica rappresenta uno dei passaggi più delicati per le istituzioni comunitarie. Dopo mesi di rinvii, pressioni incrociate e trattative sotterranee, Bruxelles si prepara a intervenire sul quadro normativo che porterà allo stop delle auto a combustione nel 2035, una scadenza che resta formalmente intatta ma che, nei fatti, è sempre più oggetto di reinterpretazione.

Il pacchetto atteso entro il 16 dicembre nasce dall’esigenza di ridare certezze a un mercato che da troppo tempo vive sospeso tra annunci politici e realtà industriale. Nessuno Stato membro mette apertamente in discussione l’obiettivo della decarbonizzazione, ma cresce il fronte di chi chiede una transizione più realistica, capace di tenere conto delle diverse tecnologie disponibili e delle profonde differenze tra i mercati nazionali. In questo scenario, Italia e Germania hanno assunto un ruolo centrale, lavorando su una posizione condivisa che punta a superare l’approccio rigido del “solo elettrico” per abbracciare una vera neutralità tecnologica.

Roma e Berlino spingono affinché nel percorso verso il 2035 trovino spazio soluzioni come biocarburanti, e-fuel, ibridi avanzati e tecnologie alternative oggi escluse o marginalizzate. Una linea sostenuta anche da un’ampia alleanza politica che coinvolge diversi Paesi dell’Europa centrale e orientale, determinati a evitare che la transizione si trasformi in un fattore di deindustrializzazione.

Neutralità tecnologica e 2035: il nodo della transizione automotive

Il tema non è solo industriale, ma profondamente politico. Una presa di posizione congiunta di più governi ha ribadito la necessità di superare una visione ideologica della mobilità sostenibile, chiedendo che anche plug-in hybrid, veicoli a celle a combustibile ed elettrici con range extender vengano riconosciuti come parte integrante del percorso di riduzione delle emissioni. Per l’Italia, la battaglia è ancora più specifica: ottenere il riconoscimento dei biocarburanti come soluzioni a emissioni zero sul piano normativo, un passaggio che potrebbe ridisegnare l’architettura del Green Deal e dare ossigeno a intere filiere produttive.

Sul piano dei tempi, la tensione resta alta. La presentazione del pacchetto, inizialmente prevista per il 10 dicembre, è slittata di pochi giorni, segnale di un confronto ancora aperto su dossier particolarmente sensibili come le nuove regole per le flotte aziendali e la modulazione dello stop ai motori termici. L’obiettivo dichiarato è arrivare a misure concrete e immediatamente applicabili, capaci di valere tanto per le auto compatte quanto per i veicoli commerciali e industriali.

A complicare ulteriormente il quadro c’è la dimensione geopolitica. La pressione dell’industria asiatica, in particolare cinese, continua a crescere e alimenta le preoccupazioni di governi e costruttori europei. Il tema dei dazi torna centrale, soprattutto per quanto riguarda l’importazione di prodotti a basso costo e l’asimmetria competitiva generata da politiche industriali molto aggressive. Non a caso, si discute di anticipare alcune misure difensive e di rafforzare strumenti come il Cbam, il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, per tutelare la produzione interna.

Nel pacchetto di dicembre potrebbero entrare anche restrizioni sull’export di rottami e materiali strategici, con l’obiettivo di evitare che l’Europa perda il controllo delle proprie risorse industriali in una fase cruciale della transizione. Una scelta che conferma come il dibattito ambientale sia ormai inseparabile da quello economico e strategico.

Il risultato è un equilibrio ancora fragile, ma indicativo di un cambio di passo: un’Unione Europea meno dogmatica e più consapevole dei rischi legati a una transizione troppo rapida e sbilanciata. Il 16 dicembre non segnerà la fine del confronto, ma rappresenterà un primo, vero banco di prova per capire se la transizione ecologica potrà essere rigorosa senza diventare punitiva per l’industria e per milioni di lavoratori europei.

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