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mercoledì, 30 Aprile 2025
  • Trump e i dazi auto USA: rischi per il settore automobilistico nel 2025

    Trump e i dazi auto USA: rischi per il settore automobilistico nel 2025

    L’industria automobilistica degli Stati Uniti si trova nuovamente ad affrontare una fase critica. Ma questa volta la causa non è una crisi sanitaria globale né un crollo finanziario internazionale, bensì una misura di politica commerciale interna imposta da Trump: l’introduzione di pesanti dazi sulle importazioni di veicoli.

    Dal 3 aprile, l’amministrazione Trump ha reso effettivi nuovi dazi del 25% su tutte le auto e i veicoli leggeri completi provenienti dall’estero. Secondo S&P Global Mobility, l’impatto di questa decisione è già profondo, tanto da essere paragonato ai momenti più bui della pandemia di Covid-19 e alla crisi finanziaria del 2008. “Solo le revisioni dovute all’interruzione produttiva globale nel 2020 e alla crisi economica del 2008–09 hanno avuto un peso maggiore sull’andamento del mercato”, ha dichiarato l’analista Stephanie Brinley.

    I dati aggiornati parlano di un taglio di 700.000 unità nella previsione di vendite di auto e veicoli leggeri negli Stati Uniti per il 2025, rispetto alla precedente stima di 16,2 milioni di unità. A livello globale, il calo previsto è di 1,3 milioni di veicoli. Una contrazione significativa, che si aggiunge a uno scenario già compromesso da inflazione, incertezza geopolitica e fragilità nelle catene di approvvigionamento.

    Il pacchetto tariffario include non solo l’imposta del 25%, ma anche un dazio universale del 10% e un sistema di tariffe “reciprocanti” che potrebbe variare in base agli squilibri commerciali tra gli Stati Uniti e i singoli Paesi esportatori.

    Trump, dazi pesanti per l’industria automobilistica europea 

    Le ripercussioni non si sono fatte attendere: Gruppi come Volkswagen, Mitsubishi Motors e Jaguar Land Rover hanno già interrotto le spedizioni verso il mercato americano.

    Nel caso di Jaguar Land Rover, gli Stati Uniti rappresentano un terzo delle vendite totali. La scelta di bloccare le esportazioni è quindi indicativa della gravità della situazione.

    Il rischio concreto è un forte restringimento dell’offerta interna, con inevitabile aumento dei prezzi, riduzione della concorrenza e aggravio per i consumatori americani, già alle prese con un’economia instabile.

    A differenza di precedenti misure tariffarie utilizzate per negoziare accordi, questa nuova ondata ha un obiettivo strategico più profondo.

    Come dichiarato dal Segretario al Commercio Howard Lutnick, l’intento non è ottenere concessioni, ma riportare la produzione automobilistica entro i confini nazionali. La strategia si fonda sul concetto di sicurezza economica: attualmente solo circa il 50% dei veicoli venduti negli Stati Uniti viene assemblato localmente, un dato ritenuto allarmante per la resilienza del comparto industriale.

    Alla luce delle conseguenze, la Casa Bianca starebbe valutando forme di sostegno per l’industria, ma finora nessun dettaglio concreto è stato reso pubblico. Le incertezze sono alimentate dall’approccio poco prevedibile che ha caratterizzato l’azione tariffaria dell’attuale amministrazione, come dimostrato dalla sospensione temporanea delle misure lo scorso febbraio.

    Nel breve periodo, il settore si prepara a una fase di forte instabilità. Oltre a colpire il prezzo e la disponibilità di veicoli importati, i dazi avranno effetti su tutta la catena del valore: dalla produzione alla logistica, fino all’occupazione. È possibile che nel medio-lungo termine la strategia favorisca una rinascita industriale interna, ma nell’immediato i costi potrebbero essere altissimi.

    Se le previsioni di S&P Global Mobility si concretizzeranno, il 2025 potrebbe entrare nei libri di storia come uno degli anni più difficili per l’automotive statunitense, accanto al biennio pandemico e al collasso economico del 2008.

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