Alla fine Donald Trump ha detto si.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l’imposizione di un dazio del 25% sulle importazioni di automobili e componenti a partire dal 2 aprile 2025. Questa misura, destinata a colpire circa 7 milioni di veicoli importati annualmente, coinvolge direttamente partner commerciali chiave come Canada, Messico, Unione Europea e paesi asiatici. L’obiettivo dichiarato è incentivare la produzione domestica e ridurre la dipendenza dalle importazioni.
Inoltre, l’amministrazione Trump potrebbe utilizzare un’indagine del 2019, che identificava le importazioni di auto come una minaccia alla sicurezza nazionale, per giustificare l’imposizione dei dazi.
L’introduzione di tali dazi avrà ripercussioni significative sull’industria automobilistica mondiale. Molti produttori internazionali, tra cui Volkswagen, BMW e Mercedes, hanno stabilimenti in Messico e Canada, dai quali esportano veicoli verso gli Stati Uniti. Si calcolano addirittura costi aggiuntivi annuali per le case automobilistiche da 75 miliardi.
Ad esempio, Volkswagen possiede a Puebla, in Messico, uno dei suoi più grandi impianti, che nel 2023 ha prodotto quasi 350.000 auto destinate principalmente al mercato statunitense. Anche le case automobilistiche asiatiche subiranno conseguenze rilevanti. Nissan, ad esempio, esporta circa 300.000 veicoli all’anno negli Stati Uniti dai suoi stabilimenti messicani.
Honda invia l’80% della sua produzione messicana al mercato statunitense, mentre Kia Motors possiede una fabbrica in Messico dedicata all’esportazione verso gli USA.
L’annuncio ha scatenato reazioni preoccupate a livello internazionale. Il primo ministro canadese, Mark Carney, ha definito la misura un “attacco diretto”, mentre la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha espresso timori per l’impatto negativo su aziende e consumatori.
Queste tensioni potrebbero sfociare in una guerra commerciale su larga scala, con possibili misure di ritorsione da parte dei paesi colpiti. L’imposizione dei dazi potrebbe portare a un aumento significativo dei prezzi dei veicoli negli Stati Uniti, stimato in circa 3.000 dollari per auto. Questo incremento potrebbe ridurre la domanda, influenzando negativamente sia i consumatori che l’industria automobilistica statunitense, che dipende fortemente da componenti importati.
Inoltre, le borse mondiali hanno reagito negativamente all’annuncio. In Europa, il settore automobilistico ha registrato forti ribassi, con Stellantis e Volkswagen tra i titoli più colpiti. Anche in Asia, le principali case automobilistiche hanno subito perdite significative in borsa, infatti questa strategia potrebbe complicare ulteriormente le relazioni commerciali internazionali e aumentare le tensioni con partner storici come Giappone e Corea del Sud.