Attive, semiattive e passive, le sospensioni negli ultimi anni hanno subito un notevole progresso tecnologico: non solo l’elettronica, che ha fatto il suo ingresso anche in questo settore, ma anche i materiali, come l’alluminio, stanno decretando un notevole allungamento della durata di questi sistemi, a svantaggio della manutenzione e del mercato indipendente.
Ovviamente, la situazione non è drammatica e il mercato di bracci e ammortizzatori avrebbe ancora margini di miglioramento: basterebbe convincere gli automobilisti a controllarne lo stato e sostituirli quando necessario. È sì perché la maggior parte delle persone guida vetture con ammortizzatori “a terra” e la legge non impone alcun controllo su questi sistemi.
Vediamo quali sono le soluzioni adottate dai costruttori di automobili e quale sarà il futuro di questi componenti.
Tante soluzioni per un unico risultato: l’aderenza perfetta
Da quando l’elettronica ha fatto il suo ingresso nel mondo delle sospensioni, vera grande rivoluzione del settore, le altre novità sono state per lo più legate ai materiali e ai fluidi che servono a smorzare l’oscillazione dell’ammortizzatore.
Ma perché gli ammortizzatori e tutte le sospensioni sono così importanti per il comportamento dinamico di una vettura?
Oltre al comfort che una vettura ben ammortizzata può offrire, il vero fattore che rende una vettura stabile e sicura sono proprio le sospensioni. Chi ha mai avuto la possibilità di guidare un go-cart, può aver constatato con mano cosa voglia dire riuscire a tenere in strada un mezzo completamente rigido.
L’ammortizzatore, e quindi tutto il sistema di bracci che lo contorna, servono a impedire alla ruota, in presenza di asperità, di staccarsi dal suolo, e quindi di perdere aderenza.
Le sospensioni sono costituite fondamentalmente da tre componenti base: elemento elastico (molla o tampone in gomma), bracci e ammortizzatore.
Questi tre elementi hanno compiti ben precisi: i bracci costituiscono l’intelaiatura, l’elemento elastico sorregge tutta la sospensione e l’ammortizzatore serve a evitare che l’elemento elastico sia troppo libero di oscillare. La geometria con cui questi elementi sono interconnessi determina il tipo di sospensione. Vediamo quindi di capire, una volta per tutte, i vari schemi e cosa comportano rispetto al comportamento su strada del veicolo.
Il ponte rigido
Soluzione oramai poco utilizzata; le ultime applicazioni si ritrovano sui fuoristrada, anche se gli ultimi modelli, specie i SUV, l’hanno oramai abbandonata anch’essi. È il sistema più semplice di sospensione, un elemento portante trasversale collega rigidamente le due ruote di un’asse. A sorreggere tutto il peso dell’assale sono solamente le molle, ma nelle applicazioni più vecchie si trattava delle balestre, e gli ammortizzatori. I vantaggi di questo sistema sono che la larghezza della carreggiata e la campanatura rimangono invariate durante le oscillazioni. Inoltre, questo tipo di sospensione presenta una grande robustezza e semplicità costruttiva.
Il motivo per cui tale sistema non è più in auge deriva dal fatto che l’interconnessione rigida tra le due ruote dello stesso asse fa sì che ogni asperità incontrata da una ruota è sentita anche dall’altra, e a soffrirne è proprio l’aderenza complessiva del mezzo. Per ovviare a questo inconveniente, in alcuni casi, come avviene tutt’oggi sulla Smart, si è scorporata la trasmissione dall’assale, fissandola al telaio. In questo modo cambi e differenziali non gravano sugli ammortizzatori. L’evoluzione finale di questo sistema è stata la sospensione a ruote interconnesse, in cui l’assale presenta un elemento elastico in grado di flettersi leggermente. In questo modo sono state parzialmente eliminate le problematiche legate all’assale rigido, anche se non in maniera definitiva.
Bracci longitudinali
Per ovviare al vincolo tra le due ruote la soluzione più ovvia è stata quella di rendere il loro movimento indipendente l’una dall’altra. La prima soluzione è stata quella di posizionare dei bracci parallelamente al senso di marcia della vettura. Il limite di questo sistema è che supporta molto bene le sollecitazioni frontali, ma non quelle laterali, che risultano invece essere fondamentali.
Mac Pherson
Per arrivare alla soluzione più logica, che presenta comunque dei limiti, bisogna arrivare alla sospensione Mac Pherson. In questo caso l’ammortizzatore e la relativa molla, parti strutturali della sospensione, servono sia per sorreggere la vettura, sia per smorzare le oscillazioni. Lo svantaggio del sistema Mac Pherson è che, essendo una struttura triangolare incernierata alla base con un lato estendibile, la ruota durante l’oscillazione non percorre una traiettoria lineare. Il mozzo della ruota, infatti, segue una traiettoria semicircolare con la conseguenza che, a seconda delle condizioni di carico, il camberaggio e la dimensione della carreggiata variano.
Nonostante non sia perfetto, questo sistema è tuttavia il più utilizzato dai costruttori, perché consente di contenere molto i costi di produzione ed è estremamente compatto.
Una delle caratteristiche tipiche di questo sistema è che l’ammortizzatore è fissato, nella parte superiore, direttamente sul lamierato della vettura. Questo attacco è di fondamentale importanza, perché la sospensione deve essere libera di ruotare durante la compressione e l’allungamento. Nei sistemi Mac Pherson, quindi, un cuscinetto è posizionato proprio in questo punto, per garantire la perfetta libertà dell’ammortizzatore. Inutile dire che questo componente ha bisogno di una accurata manutenzione.
Quadrilatero oscillante
Il sistema che risulta migliore, dal punto di vista funzionale, è però sicuramente un quadrilatero deformabile: in questo caso sono due bracci triangolari sovrapposti a garantire il perfetto parallelismo della ruota con il terreno. Da questa soluzione classica sono poi nati il Multilink e il “quadrilatero alto”, che consentono, grazie a una moltiplicazione dei bracci, di montare questo voluminoso gruppo anche su auto di piccole dimensioni.
Il cuore della sospensione: l’ammortizzatore
Nonostante la diversità di funzionamento però, tutti i sistemi di sospensione devono compiere due fondamentali mansioni in contrasto tra loro: garantire un elevato comfort all’interno dell’abitacolo e una buona aderenza al suolo.
Per ottenere il primo risultato servono sospensioni morbide, in grado di “ammortizzare” eventuali urti, come una buca o un dosso, mentre per il secondo ci vuole una certa rigidezza, in modo da garantire la stabilità del veicolo.
Il grande problema delle sospensioni è quindi quello di “capire” il tipo di carico cui deve rispondere e avere tarature differenti a seconda dello stile di guida e dell’ostacolo incontrato. Sono due le parti della sospensione su cui è possibile attualmente intervenire per ottenere tale risultato: l’ammortizzatore e la molla.
Partendo da quest’ultima negli ultimi anni si sono sperimentate diverse soluzioni. Per far sì che questa oscilli in maniera differente sono state introdotte molle con più frequenze proprie. Tradotto in termini più semplici si può dire che le molle di oggi hanno oscillazioni diverse a seconda della forza che interviene su esse, e questo risultato è stato ottenuto modificando il diametro della spirale e lo spessore del tondino.
L’altra soluzione, che ultimamente sta tornando in auge, è quella di utilizzare molle ad aria o pneumatiche. Questo tipo di sospensione consente un controllo, grazie all’immissone di aria compressa, delle frequenze di oscillazione e dell’altezza del veicolo, ma presentano notevoli problemi e alti costi di installazione.
Ma la molla, se fosse lasciata libera di oscillare, non garantirebbe alcuna stabilità alla vettura. L’ammortizzatore ha proprio il compito di smorzare la forza che la molla trasmette al telaio e, anche se tale funzione può sembrare semplice, non lo è affatto. I più grandi nemici dell’ammortizzatore si chiamano sovrasmorzamento e sottosmorzamento. In pratica l’ammortizzatore opera quasi sempre in queste condizioni, perché al momento del progetto viene tarato su una sollecitazione che viene considerata media, cioè quella che si presume sarà la più frequente. Tale limite è stato ultimamente superato con le sospensioni attive, in cui lo smorzamento dell’ammortizzatore è tarato in funzione del tipo di guida o di fondo stradale. L’elettronica quindi svolge un ruolo fondamentale, che è proprio quello di controllare e regolare il funzionamento di tutta la sospensione. Grazie a questo controllo tutta la sospensione è entrata a far parte dei sistemi di controllo della stabilità, che intervengono sia sugli ammortizzatori sia sui freni.
Tuttavia, il grande limite degli ammortizzatori idraulici accoppiati con le molle è proprio nel controllo dell’oscillazione. La risposta di questi sistemi non è molto rapida.
Il futuro? A tutto volume
Per chi si intende di oscillazioni e di sistemi oscillanti, di cui un esempio può essere una vettura che posa su ruote e sospensioni, sa che esistono due modi di controllare una vibrazione: attivo e passivo.
I sistemi passivi sono quelli in cui si cerca di smorzare l’oscillazione con un metodo a posteriori, cioè una reazione meccanica che reagisce alla sollecitazione; quelli attivi, invece, analizzano il segnale in ingresso: in questo caso le forze che intervengono sulla vettura cercano di tarare lo smorzamento in anticipo, prevedendo come si comporterà il mezzo.
Nel controllo attivo delle sospensioni un ruolo fondamentale è ricoperto dalla velocità. Come si può facilmente intuire, il sistema di controllo deve riuscire a percepire le condizioni della strada in tempo reale e istantaneamente adattare la sospensione alle condizioni rilevate. Per fare un esempio pratico è come il cervello di una persona, che istantaneamente percepisce una eventuali caduta e cerca di correggerla, magari spostando una gamba. Il “cervello” delle sospensioni ha oramai raggiunto una buona velocità di calcolo e riesce a capire quasi istantaneamente cosa sta per succedere, il problema a questo punto sono le “gambe”. Gli ultimi sviluppi di ricerca, infatti, hanno dimostrato che gli attuali ammortizzatori sono troppo lenti nell’adattarsi ai segnali che la centralina invia. Tra le soluzioni del futuro, quella che al momento sembra una delle più plausibili è quella sviluppata dall’americana Bose. L’azienda, famosa produttrice di impianti stereofonici per auto ha, infatti, sviluppato un concetto innovativo di sospensione, in cui al posto di molla e ammortizzatore si trova un motore elettromagnetico, simile a quelli utilizzati per gli iniettori.
Questo sistema è molto più rapido nel controllo delle vibrazioni e consente anche di regolare attivamente l’altezza della vettura. Al momento è stato testato su alcune vetture americane e i risultati sembrano buoni.
A.A. Aftermarket Ammortizzatori
Secondo i principali produttori di ammortizzatori il mercato aftermarket di ammortizzatori ha ancora un grande potenziale inespresso. La maggior parte degli automobilisti non ha, infatti, coscienza di guidare auto con ammortizzatori scarichi. Nonostante quindi la possibilità di un aumento sostanziale delle vendite, il comparto sta subendo una progressiva contrazione. Il miglioramento di materiali e soluzioni sta allungando la vita utile di questi ricambi e oggi il mercato sembra attestarsi su una flessione pari anche all’1% fino al 2008.
Le braccia delle sospensioni
Se l’ammortizzatore è la gamba di una autovettura, i bracci sono gli arti superiori. In questo settore, oltre a mille variazioni dei vari sistemi, personalizzati per ogni casa automobilistica, la più grande innovazione riguarda i materiali. Al posto della ghisa, molto pesante, tutti i produttori stanno rapidamente spostandosi verso materiali più leggeri, come l’alluminio.
Questa piccola ma sostanziale modifica ha creato non poco scompiglio tra i produttori e oggi, più che a un aumento delle vendite in generale (che sono principalmente legate all’incidentalità), si assiste a un rimescolamento delle quote di mercato dei fornitori.
La prova di forza
Concludiamo questa panoramica sul mondo delle sospensioni con qualche consiglio su come spiegare all’utente finale che è arrivato il momento di mettere mano alle sospensioni della sua autovettura. In Italia, infatti, si vendono circa 3,4 milioni di ammortizzatori l’anno, con un tasso di sostituzione del 9,7%. Questo significa che molto ancora si può fare e in questo, come in molti altri ambiti della riparazione, un ruolo fondamentale lo gioca l’autoriparatore.
Se poi è già difficile rendere consapevole un automobilista della necessità di sostituire i propri ammortizzatori, è ancora più complesso convincerlo che questo non basta. Nei sistemi Mac Pherson, i più diffusi sulle autovetture in circolazione, infatti, ogni volta che si mette mano alle sospensioni sarebbe il caso di cambiare anche paracolpi, tamponi in gomma, cuscinetti e parapolvere. Questi elementi sono fondamentali per il corretto funzionamento dell’ammortizzatore e anche se il conducente, in alcuni casi, può non accorgersi della differenza nella guida, allungano notevolmente la durata di questi componenti.
Articolo di Tommaso Caravani pubblicato sul sito www.netcollins.com (giugno 2006)