Il mercato delle auto ibride in Italia si conferma dominante a livello europeo, ma la complessità tecnologica e l’assenza di standard condivisi nella classificazione dei veicoli genera disorientamento sia tra i consumatori sia tra gli operatori del settore. È quanto emerge dall’ultima indagine dell’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School, che propone due modelli di classificazione per rendere più trasparente l’offerta.
Attualmente, nel listino italiano sono presenti 762 versioni di auto ibride distribuite su 244 modelli e proposte da 48 costruttori. Il 62,3% di queste varianti è Mild Hybrid, il 9,8% Full Hybrid, il 27,6% Plug-in Hybrid, mentre un marginale 0,3% è Range Extender. Si affaccia inoltre una nuova categoria intermedia, i Middle Hybrid, che rappresentano il 14% dei Mild Hybrid a listino e consentono brevi tratti in elettrico a basse velocità.
Le auto ibride non ricaricabili dall’esterno costituiscono la quota maggioritaria nelle vendite del primo quadrimestre 2025 in Italia, con una penetrazione del 44,9%, e del 35,9% nel primo trimestre in Europa. Il 77% dei modelli utilizza motorizzazioni a benzina, il 22% a gasolio, mentre lo 0,3% è alimentato a GPL/benzina.
La tecnologia Plug-in Hybrid, in grado di percorrere distanze significative in modalità esclusivamente elettrica anche in ambito autostradale, presenta una media di 20,3 kWh di capacità batteria e circa 78,9 km di autonomia elettrica dichiarata.
Auto ibride, serve un nuovo metodo di classificazione
Dall’analisi condotta su 13 differenti approcci classificatori, emergono 9 parametri distinti: un quadro frammentato che ostacola la comprensione dell’effettivo grado di elettrificazione dei veicoli. Il criterio più ricorrente, adottato in 7 casi, è la capacità del motore elettrico di muovere autonomamente l’auto. Tuttavia, questo dato non è attualmente rilevato nel ciclo omologativo WLTP, che distingue unicamente tra ibridi ricaricabili e non ricaricabili esternamente.
Per affrontare questa lacuna, l’Osservatorio propone due strategie di classificazione. La prima, attuabile nel breve periodo, prevede un indice oggettivo fondato sulla potenza relativa del motore elettrico rispetto a quello termico e alla massa del veicolo: tutti dati già disponibili in fase di omologazione. La seconda ipotesi, pensata per il medio termine, punta invece sulla misurazione del comportamento reale su strada, calcolando la percentuale di percorrenza in modalità elettrica in ambito urbano.
In quest’ottica, si potrebbero delineare tre fasce:
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Full Hybrid: oltre il 60% del tempo e della distanza percorsa a motore termico spento;
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Middle Hybrid: tra il 30% e il 59%;
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Mild Hybrid: tra lo 0% e il 29%.
Il punto di vista dei costruttori
Secondo Simone Mattogno, Head of Automobile Division di Honda Motor Europe Italia, la trasparenza verso i clienti è prioritaria: «Stabilire un criterio univoco per l’elettrificazione ibrida è complesso, ma fondamentale per garantire informazioni comparabili. Le macro-categorie Mild, Full e Plug-in Hybrid adottate da UNRAE, basate sul grado di elettrificazione, sono già una buona base. L’importante è che tutti gli attori della filiera le adottino in modo coerente nella comunicazione verso l’utente finale».
La ricerca ripercorre anche l’evoluzione della tecnologia ibrida, dal debutto dei primi prototipi, al lancio della Honda Insight nel 1999, prima ibrida commercializzata in Europa, fino all’attuale diversificazione tecnologica. Oggi, oltre alla benzina, le alimentazioni comprendono anche diesel e GPL.
Mattogno evidenzia il ruolo strategico del sistema e:HEV di Honda, frutto di decenni di sviluppo: “Dal 2023 la nostra gamma europea è interamente elettrificata. Guardiamo al futuro con determinazione: l’obiettivo è la carbon neutrality globale entro il 2050. I nuovi modelli Honda 0 Series e i servizi dedicati alla mobilità elettrica rappresentano l’evoluzione naturale della nostra strategia“.