Cos’è il “Carvertising“? Una formula di “sponsorizzazione” controversa? Uno strumento non proprio in linea con le legislazioni vigenti? Oppure una idea geniale per ridurre quasi a “zero” i costi di acquisto della propria auto? Di sicuro ognuno di noi può aver visto in giro per le strade auto comunissime, con soltanto una particolarità, ossia un riquadro pubblicitario posto solitamente al centro delle portiere posteriori, dove in varie forme si spiega al pubblico, in parole povere, che è possibile acquistare una automobile nuova pagando una cifra irrisoria. La chiave di tutto questo sistema consisterebbe nella possibilità di avere un’auto con una tale condizione a patto di poter usare la carrozzeria della vettura come pannello pubblicitario “mobile”, ossia rivestendo la carrozzeria stessa di grafici e messaggi pubblicitari. La formula è praticamente “urbi et orbi” poiché si rivolge sia a chi acquista come a chi noleggia, si spinge anche ai privati. Ed infine interessa sia chi cerca un’auto sia chi l’auto o il veicolo ce l’ha già. La formula, ricordiamolo, non sostituisce l’acquirente, l’utilizzatore o il proprietario nel momento del pagamento (per cui non può essere assimilato a derivati di contratti Leasing o Renting) ma più genericamente avvia verso il proprietario/utilizzagtore, un flusso di rimborso totale o parziale dei canoni di acquisto/noleggio e di parte dei costi di proprietà o gestione.
Occhio a non essere rigorosi con i vincoli contrattuali
Il rimborso rateale previsto in questa formula sottintende a diversi vincoli ed obblighi da parte di chi materialmente usa l’auto. Ad esempio può venire sospeso se il cliente disattende anche ad uno solo dei suoi obblighi come ad esempio non danneggiare gli spazi pubblicitari; oppure se salta uno degli appuntamenti calendarizzati con il carrozziere per la manutenzione o sostituzione delle pellicole pubblicitarie, i cui costi peraltro restano spesso a carico del titolare della vettura. E non dimentichiamo gli obblighi in tema di mobilità e visibilità: infatti, detto in soldoni chi ha un’auto “pubblicitata” (scusate il neologismo casareccio) non può certo lasciarla ferma dentro un box, ma addirittura in qualche formula contrattuale esiste per i titolari / utilizzatori l’obbligo di promuovere, attraverso immagini e/o post periodici sui social, la macchina sponsorizzata. A seconda dei proponenti questa modalità di “condivisione della vostra auto, si aggiungono alcune ulteriori “clausole” (ad esempio l’auto bianca, l’obbligo di parcheggio in luoghi pubblici e trafficati, vincoli minimi di chilometraggio giornaliero) che qualificano il rapporto contrattuale.
Carvertising: quante controversie…..
Tutto quanto sopra elencato può sembrare riferibile solo all’utilizzatore/proprietario finale. Ma in questa sede, e senza voler entrare troppo nelle specificità giuridiche del “carvertising”, ci poniamo una domanda semplice : può in qualche modo questo strumento valere anche nel mondo dell’autoriparazione e dei ricambi? Ad esempio: posso io officina o ricambista acquistare una piccola flotta di mezzi da trasporto o di “Courtesy Car” ammortizzandone i costi attraverso il “Carvertising”, ma pubblicizzando sulle carrozzerie Imprese “terze”? Preferisco (anziché rispondere con un parere che non può avere valore legale) ricordare alcune prescrizioni di legge in vigore qui in Italia. L’Articolo 23, Codice della Strada, Comma 1 stabilisce che sulle autovetture per uso privato è possibile pubblicizzare solo Marchio, Ragione Sociale (e, aggiungo io, indicazioni sull’Oggetto e la Mission) della propria attività. Mentre pubblicità “per conto terzi” è consentita solo su veicoli per trasporto di linea e sui taxi. “Sic stantibus” le cose, ho letto che molti utilizzatori di auto per uso privato con pubblicità per conto terzi hanno dovuto subire multe abbastanza pesanti. Ma, state pur certi, torneremo sull’argomento in seguito.
Riccardo Bellumori