Dopo tre anni di espansione, la filiera della componentistica automotive italiana registra nel 2024 la prima battuta d’arresto: il fatturato scende del 6% a livello nazionale e del 5,6% in Piemonte, regione che resta comunque leader del comparto con oltre un terzo delle imprese e del fatturato complessivo. È quanto emerge dall’edizione 2025 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana e sui servizi per la mobilità, curato dalla Camera di Commercio di Torino e da ANFIA.
La contrazione riflette un contesto globale complesso, segnato da tensioni geopolitiche, politiche commerciali incerte e da una transizione energetica che mette sotto pressione i produttori europei. A livello occupazionale, il calo degli addetti è contenuto ma significativo (-0,7% in Italia, -2,4% in Piemonte), mentre si distinguono in positivo soltanto i comparti del motorsport (+1,2%) e dell’aftermarket (+0,6%), che confermano una maggiore resilienza grazie alla loro specializzazione.
Componentistica automotive italiana 2025: un settore tra transizione e sfide globali
Nel 2024 le 2.134 imprese italiane del settore hanno generato un fatturato di 55,5 miliardi di euro e occupato oltre 168 mila addetti, ma il quadro per il 2025 si annuncia difficile. Solo il 20% delle aziende prevede un aumento del giro d’affari, contro un 63% che teme ulteriori riduzioni. In Piemonte, dove operano 717 imprese per 19,9 miliardi di euro di ricavi, il pessimismo è ancora più marcato, con previsioni negative per fatturato, ordinativi e occupazione.
Il rallentamento si inserisce in una fase di profonda trasformazione tecnologica, con la filiera impegnata a riconvertire la produzione verso nuove architetture di powertrain e tecnologie digitali. Secondo ANFIA, la strategia europea di transizione, troppo centrata sull’elettrico, rischia di penalizzare i fornitori continentali, riducendo il valore aggiunto dei componenti rispetto ai veicoli a combustione interna. Da qui l’appello per un approccio tecnologicamente neutrale, che includa anche i carbon neutral fuels, al fine di tutelare competenze industriali e occupazione.
Sul fronte dell’innovazione, circa due terzi delle imprese ha investito in ricerca e sviluppo, mentre cresce la propensione all’export, che rappresenta ormai quasi la metà del fatturato del settore. Tuttavia, l’incertezza economica, la difficoltà nel trasferire i maggiori costi produttivi agli OEM e la lentezza della domanda interna frenano gli investimenti e riducono le prospettive di crescita.
In parallelo, la sostenibilità assume un ruolo sempre più centrale: l’87% delle aziende ha adottato iniziative ambientali e oltre l’80% azioni in ambito sociale e di governance. Le richieste al sistema politico si concentrano su misure per contenere i costi energetici e sostenere la transizione industriale, oltre a incentivi per la R&S e la formazione di nuove competenze legate alla digitalizzazione e all’Intelligenza Artificiale.