L’industria automobilistica europea sta vivendo un momento di svolta. Il settore deve accelerare nella transizione elettrica e affrontare una competizione sempre più serrata, soprattutto da parte di Stati Uniti e Cina. I ritardi nell’adozione della guida autonoma, la frammentazione delle strategie e la dipendenza da forniture asiatiche rischiano infatti di minare la competitività del Vecchio Continente.
Un segnale forte è arrivato dall’ultima IAA Mobility di Monaco, che ha visto oltre 350 anteprime mondiali, molte delle quali firmate da marchi cinesi. Una presenza che ha evidenziato come l’Europa debba recuperare terreno se vuole mantenere un ruolo da protagonista nella mobilità del futuro.
Oliver Blume, alla guida di Volkswagen e Porsche, ha riassunto la situazione con parole nette: “La festa è finita, adesso si tratta di riorientarci“.
Anche Christophe Perillat, CEO di Valeo, ha sottolineato la vulnerabilità europea: fino al 40% del valore di un’auto elettrica venduta in Europa dipende da componenti e batterie importate dall’Asia. Ridurre questa dipendenza è vitale, ma non sufficiente: serve una visione industriale più ampia e condivisa.
Automotive: una transizione ancora incompleta
Un recente position paper del Jacques Delors Centre ha messo in luce la mancanza di una strategia unitaria. Mentre la Cina accelera e gli Stati Uniti puntano su piani di sviluppo mirati, l’Europa sembra frenata da interessi di breve periodo e politiche frammentate. Il dibattito si intreccia con le scelte climatiche: lo stop alla vendita di auto termiche dal 2035, come ha evidenziato Mario Draghi, rischia di non generare un circolo virtuoso, aprendo la strada a concorrenti più agili, soprattutto cinesi.
Sul piano delle vendite, i dati confermano le difficoltà: i BEV (Battery Electric Vehicles) in Europa crescono meno del previsto, mentre la Cina traina il mercato globale con quasi una nuova immatricolazione su due legata a un veicolo elettrificato. Gli Stati Uniti mostrano una crescita più lenta, ma i mercati emergenti, dall’Asia all’Africa fino all’America Latina, registrano aumenti superiori al 60% nel 2024.
La questione europea non è solo di domanda, ma soprattutto di offerta. Come ricorda Francesco Zirpoli, docente di Economia e Gestione dell’Innovazione a Ca’ Foscari: “I produttori europei devono proporre modelli elettrici competitivi e accessibili; altrimenti lo spazio sarà occupato da Cina, Corea e Giappone“.
Il nodo cruciale è il prezzo: il divario con i motori a combustione si ridurrà nei prossimi tre o quattro anni, rendendo determinante la qualità e l’appeal dei modelli. Autonomia reale, tempi di ricarica e disponibilità diffusa saranno i parametri decisivi.
La corsa alle batterie è il cuore della competizione. Le soluzioni allo stato solido promettono più autonomia, leggerezza e sicurezza rispetto alle attuali agli ioni di litio, ma i costi restano elevati e la produzione su larga scala è lontana. Intanto si affacciano nuove tecnologie, come le batterie al litio-zolfo, che riducono l’uso di materiali critici come nichel e cobalto, o gli anodi al silicio, in grado di abbattere i tempi di ricarica sotto i 15 minuti, come dimostrato dalla startup londinese Gdi.
Per l’Europa il decennio che si apre è cruciale: non si tratta solo di produrre veicoli, ma di ripensare l’intera catena del valore, dai fornitori alla ricerca applicata. Senza un piano di investimenti mirati in innovazione, infrastrutture e tecnologie, il rischio è di perdere posizioni strategiche e cedere leadership a competitor extraeuropei.
Il messaggio è inequivocabile: il futuro dell’automotive europeo passa dalla capacità di innovare, coordinare politiche industriali e ambientali e rafforzare la competitività di una filiera che non può permettersi di restare indietro.