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venerdì, 29 Marzo 2024
  • L’automobile come forza, dinamicità e velocità: dal futurismo ad oggi

    Circa un secolo fa, il 1° dicembre del 1916, nacque la rivista “Italia futurista” chiusa poi nel gennaio del 1918. La rivista in questione nacque da un gruppo di futuristi fiorentini che seguirono il nuovo movimento fondato da Tommaso Marinetti, scrittore dell’epoca, e ne stiamo parlando qui, oggi, perché decorre il centesimo anniversario della rivista che, in concomitanza al movimento, aveva fatto delle automobili il simbolo di un’epoca, distaccandosi dalle idee fasciste. La commercializzazione e la messa a disposizione dell’automobile, in quel periodo, non fa altro che rappresentare la rivoluzione della tecnica e lo slancio verso l’innovazione, in direzione di una economia che si incentri sul settore industriale.

    Il termine ‘automobile’ inizialmente era utilizzato al maschile, come aggettivo, fu Gabriele D’Annunzio, successivamente, a prendere posizione contraria rivolgendosi a Giovanni Agnelli così: “L’Automobile (in maiuscolo, ndg) è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza.”

    Importante è il confronto della massificazione dell’automobile come bene comune: in America nel 1908 vi era già la macchina ‘popolare’ Ford-T, mentre in Europa fino al 1950 le automobili erano ancora considerate come un bene di lusso. Fu per questo che il metodo produttivo statunitense di Henry Ford, nato per l’auto di massa, venne esportato anche in Europa ed in tutti i settori industriali.

    In letteratura, come in pittura

    l’automobile la fa da protagonista. Dario Buzzati esprime avversità e pessimismo nei confronti dell’oggetto, scrive di un uomo che brama così tanto il possesso di un’automobile d’élite che la moglie stanca della sua ossessione si trasforma in automobile, impazzisce e si ribella all’amore del marito per un oggetto. Di contro Mario Morasso, vede nell’auto un simbolo di ricchezza. Nel movimento del Futurismo troviamo l’entusiasmo per la modernità come elogio alla velocità ed esaltazione della macchina, prima tra tutte l’automobile. In questo contesto la pittura avrebbe bisogno di un articolo a parte, ma citando Giacomo Balla, possiamo evidenziare l’utilizzo dell’automobile come soggetto principale di molte sue opere. Con lui anche Umberto Boccioni, C.Carrà, V.Corona e G.Severini i quali però danno spazio a tutti i mezzi di trasporto, moto, bici, autobus, treni (vedi ‘Stati d’animo: gli addii’ di Boccioni). L’automobile è resa in termini decisamente astratti e si cerca di riprendere l’idea del movimento, della dinamicità, della velocità e della potenza che costituiscono l’essenza della realtà, e secondo l’avanguardia del movimento che si oppone al canone classico, alla perfezione ed alla staticità il tutto è reso attraverso linee geometriche come rette, triangoli, cerchi, rettangoli. Il Novecento come periodo storico racchiude il futurismo che dà la giusta spinta all’innovazione tecnologica ed all’industria automobilistica, settore oggi tra i più sviluppati e stabili.  Dunque possiamo considerare l’automobile, e la sua produzione, come simbolo forza di un paese, dal futurismo ad oggi. 

    Costanza Tagliamonte

     

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