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venerdì, 26 Aprile 2024
  • Coronavirus: in quarantena l’automotive

    Il coronavirus mette in quarantena l’automotive. Mascherine di protezione e gel igienizzante introvabili, intere cittadine messe in isolamento e il conto dei decessi che sale, per fortuna lentamente, anche in Italia. I danni dell’epidemia sono prima di tutto umani, con le vittime che sono ormai circa 3.000 nel mondo. La necessità di circoscriverne la diffusione ha inoltre imposto a decine di migliaia di persone, nella sola Italia, una quarantena di 14 giorni. Queste misure, drastiche quanto necessarie, colpiscono pesantemente la vita delle persone e l’attività delle aziende. L’automotive, molto internazionalizzato, sembra soffrire più di altri settori e Inforicambi ha iniziato a darne conto non appena si è intuita la gravità del contagio.

    Catene interrotte

    coronavirusL’epidemia ha inoltre portato alla luce una certa fragilità del sistema produttivo dell’automotive, come evidenziato da Fobes che ha raccolto le impressioni di esperti del settore al riguardo. Razat Gaurav, il CEO della società Llamasoft, fa notare che in Cina vengono prodotti componenti automotive per più di 40 miliardi di dollari l’anno. Una buona metà di questi vanno negli USA o verso società con sede in USA. Gaurav ha messo in guardia: "se a metà marzo la situazione non cambierà avremo difficoltà in molti settori". BDO USA, un’importante società di servizi contabili e aziendali, ha intervistato 100 Chief Financial Officer di altrettante aziende con ricavi da 250 milioni a 3 miliardi di dollari. Il sondaggio ha rivelato che il 21% di tali società ha riportato interruzioni della catena di approvvigionamento per vari motivi, fra le quali il coronavirus.

     

    Dov’è il piano B?

    coronavirusJeffrey Pratt, a capo della sezione supply chain di BDO, rileva che "i nostri clienti stanno capendo che non sono preparati come potrebbero o dovrebbero essere". Queste difficoltà sono il risultato del coronavirus e delle guerre commerciali e dei dazi. L’impatto è così alto perché il grosso delle forniture proviene dalla Cina invece di essere diversificato su più Paesi. Si può parlare di un risultato iniziato con le guerre commerciali ed esasperato dal coronavirus. Alcune aziende hanno ridotto il rischio con più siti produttivi ma sempre in Cina: strategia utile contro inondazioni o terremoti ma inefficace per le epidemie. Pratt prevede che "ci potrebbe volere un trimestre, dopo la fine dell’epidemia, perché le cose tornino alla normalità". Gaurav ritiene che questi eventi indurranno le aziende a trovare dei compromessi fra la produzione ‘snella’ e l’avere scorte capaci di fronteggiare situazioni critiche come questa.

    Vendite a picco

    coronavirusL’incertezza in Cina ha fatto crollare le vendite di veicoli passeggeri: – 92% nei primi 16 giorni di febbraio rispetto al 2019, secondo l'Associazione cinese dei costruttori di veicoli leggeri. Gli addetti ai lavori prevedono un recupero in aprile qualora l'epidemia rientrasse sotto controllo in tempi brevi. Il Governo cinese ha inoltre sospeso i pedaggi in tutto il territorio per facilitare le forniture e quindi la ripresa del lavoro. Faw—Volkswagen, indicata come una delle più esposte alle conseguenze del coronavirus, ha ripreso la produzione nei suoi 4 impianti lunedì 17. L’azienda ha dichiarato che aumenterà la produzione per compensare il fermo causato dall’epidemia. Anche l’impianto Tesla di Shanghai ha riaperto i cancelli il 17, confermando che lo stop forzato potrebbe inficiare leggermente la redditività della società. Tesla pensa però di riuscire a recuperare le produzione persa.

    Riconvertire la produzione

    È da notare che alcune case, come Saic-Gm, GAC e BYD, potrebbero convertire alcune linee alla produzione di mascherine protettive per il viso, ormai introvabili quanto necessarie. La paventata chiusura dell’impianto FCA di Kragujevac si è poi concretizzata e non si sa quando riprenderà la produzione. In compenso lo scorso lunedi ha riaperto l’impianto di Guangzhou mentre quello di Changsha dovrebbe riaprire a breve. L’emergenza sanitaria ha indotto poi FCA a restringere l’accesso a diversi suoi impianti italiani e ai suoi uffici torinesi per chi è stato in Cina di recente. Inversamente, chie è stato nei 13 centri in zona rossa non potrà accedere agli altri impianti FCA in Europa.  Notizie non buone da Jaguar Land Rover, che ha dichiarato che le sue scorte di parti cinesi destinate ai suoi stabilimenti del Regno Unito potrebbero esaurirsi presto, bloccando la produzione. Honda Motor Company China potrebbe perdere la metà della produzione di febbraio perché 3 suoi stabilimenti a Wuhan potrebbero riaprire non prima dell’11 marzo, come stabilito dalle autorità. Daimler ha diramato un warning sugli effetti dell’epidemia da coronavirus, anche se l’impianto di Beijing è ripartito, perché i danni alla produzione non sono ancora quantificabili precisamente. Anche Nissan lancia l’allarme perché potrebbe esser costretta a interrompere la produzione in alcuni siti americani ed europei. Renault e PSA hanno inoltre comunicato di aver allungato la chiusura dei loro stabilimenti dopo il capodanno cinese. Questi Gruppi hanno infatti impianti produttivi sia nella provincia di Hubei sia nella città di Wuhan. PSA comunica che, anche se la riapertura è fissata per il 12 marzo, l’ultima parola spetta alle autorità locali. L’impianto Renault, gestito insieme a Dongfeng, dovrebbe riaprire il 10 marzo ma anche in questo caso: “l’azienda applicherà le decisioni delle autorità locali e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”. Renault ha inoltre comunicato di non poter escludere che gli stop dei fornitori possano ripercuotersi su tutti i suoi stabilimenti mondiali. PSA dichiara invece che allo stato attuale non si avranno ripercussioni in Europa.

    L’epidemia è anche in Italia

    coronavirus, epidemiaIl Giappone ha poi formato una task force ministeriale che condividerà informazioni utili e supporterà anche finanziariamente l’industria. Dobbiamo purtroppo registrare la notizia che l’epidemia sta colpendo direttamente l’industria italiana. Lunedi 24 febbraio, infatti, è arrivata la notizia che MTA, specializzata in sviluppo e produzione di componenti elettromeccanici ed elettronici per l’automotive, ha chiuso il suo impianto di Codogno. Lo stop, deciso a seguito delle disposizioni del Ministro della Salute e d’intesa con il Presidente della Regione Lombardia, può avere effetti molto pesanti non soltanto in Italia. Entro pochi giorni potrebbero risentirne le linee FCA di Mirafiori, Cassino, Melfi e a quelle di Sevel. Le negatività raggiungerebbero, ai primi di marzo, anche gli  stabilimenti Renault, BMW e Peugeot per estendersi poi, qualora lo stop persistesse, anche a quelli di Jaguar Land Rover, Iveco, CNH e Same. In considerazione di queste criticità MTA ha chiesto alle autorità di consentire al 10% degli addetti (circa 60 persone) di poter continuare la produzione. MTA ha già affrontato l’emergenza causata dal COVID19 nel proprio impianto di Shangai e ritiene quindi di riuscire a continuare la produzione nella piena sicurezza dei propri lavoratori. Anche la piemontese Italdesign, ormai parte di Volkswagen, ha comunicato la chiusura dei suoi impianti di Moncalieri e Nichelino dopo che un suo dipendente è risultato positivo al test del coronavirus. L'uomo, attualmente in isolamento nella sua abitazione a Cumiana, lavora nell’insediamento di Nichelino. Jörg Astalosch, Ceo di Italdesign, ha detto: "Prima di tutto voglio augurare al nostro collega una pronta e totale guarigione. La priorità rimane la salute di tutti i nostri collaboratori, delle famiglie e delle comunità nelle quali operiamo".

     

    Nicodemo Angì

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