14.7 C
Napoli
giovedì, 25 Aprile 2024
  • Il coronavirus e l’automotive: aggiornamenti dai luoghi della crisi

    coronavirus ed automotiveCoranavirus e automotive, qual è la situazione al momento?

    Le notizie si rincorrono e delineano un quadro che continua ad essere allarmante, dato che alle tragiche perdite umane si aggiungono pesanti riflessi globali. L’industria e l’economia de Paesi sono infatti strettamente interconnessi ed è per questo che le conseguenze di un’epidemia in Cina fanno il giro del mondo. Prendiamo per esempio Hyundai: uno dei principali fornitori dell’azienda coreana, Kyungshin, ha infatti aumentato molto la sua capacità produttiva in Cina. L’epidemia di coronavirus ha tenuto però a casa centinaia di dipendenti di 2 dei 4 stabilimenti di Kyungshin e si sono quindi concretizzate le difficoltà anticipate da Reuters. Gli stabilimenti Kyungshin di Jiangsu e Qingdao hanno infatti visto tornare dai festeggiamenti del Capodanno cinese soltanto 300 dei loro 600 dipendenti. Inoltre, la notizia è del 14 febbraio, FCA potrebbe avere il non invidiabile primato di essere il primo costruttore costretto a interrompere la produzione di un impianto al di fuori del territorio cinese. Il 6 febbraio FCA aveva anticipato che poteva essere costretta a chiudere temporaneamente un impianto europeo se l’impatto del coronavirus non si fosse attenuato. Il 14 febbraio fonti anonime serbe hanno dato la notizia che l’impianto da fermare sarebbe quello di Kragujevac che assembla la Fiat 500L. Lo stop sarebbe causato dal mancato arrivo dalla Cina di sistemi audio e di altre parti elettroniche.

     

     

    Correre ai ripari

    Kyungshin, che fornisce circa il 50% dei cablaggi usati da Hyundai, sta cercando di tamponare la situazione aumentando la produzione nei suoi stabilimenti in Corea, Cambogia, India e Stati Uniti. Fonti anonime hanno riferito a Reuters che Kyungshin userà anche aerei per consegnare più velocemente le parti. I costruttori sudcoreani sono sensibili a eventi di questo tipo, dato che le loro fabbriche usano molto il sistema just-in-time, facilitato dalla vicinanza con la Cina. Dati dell’associazione degli industriali coreani riportano che 170 fornitori Tier 1 e 2 hanno circa 300 impianti in Cina. È una vera dipendenza, giudicata eccessiva dagli esperti che ricordano che più dell’80% dei cablaggi per le auto coreane vengono dalla Cina. La situazione sembra migliore per Tesla: la sua Gigafactory 3, sita nel territorio di Shangai, ha riaperto come previsto il 10 febbraio anche se molti dipendenti sono ancora in quarantena. La situazione non è comunque facile: delle navette che portano i dipendenti all’impianto, normalmente un centinaio, in questi giorni sono ridotte a 40. In sofferenza appare LG Chem, fornitore delle batterie per Tesla in Cina: un portavoce ha dichiarato la ripresa parziale dell’attività per il 10 febbraio ma sub iudice.

     

    Lotta globale al coronavirus

    Il coronavirus e l’automotive sono in lotta anche in Europa: Webasto ha riaperto il suo quartier generale vicino Monaco dopo una chiusura temporanea data da 8 suoi dipendenti positivi al test. Il contagio si è diffuso da un dipendente cinese  che era andato in Germania per lavoro; la situazione è ora sotto controllo. Gli effetti dell’epidemia da coronavirus si stanno già dispiegando: il mese di gennaio ha visto un calo del 18%, rispetto al 2019, delle vendite di automobili in Cina. Le vendite erano già al ribasso ma l’epidemia ha inferto un vero shock al comparto. Toyota, le difficoltà della quale erano già note, ha comunicato che i suoi impianti cinesi non riapriranno prima di lunedi 17 febbraio. Stessa data per la riapertura dello stabilimento di Tianjin, detenuto da Volkswagen con FAW Group, mentre ancora non si sa quando riapriranno quelli in società con Saic. Confermate poi le difficoltà di Renault, la cui filiale sudcoreana RSM ha dovuto interrompere, per un periodo da precisare, l’attività per mancanza di parti che venivano dalla Cina. Anche Suzuki ha risentito dell’epidemia di Coronavirus: ha ripreso l’attività nello stabilimento di Jinan (provincia di Shandong) che produce motociclette. Per le automobili la casa giapponese sta pensando di pensando di trovare altri fornitori per le automobili: la penuria di parti dalla Cina sta infatti compromettendo la sua attività in India, un mercato per lei vitale.

     

    Nicodemo Angì

    ARTICOLI CORRELATI

    Ultime notizie