Dopo orologi, profumi, borse e vestiti i cinesi iniziano a clonare anche le Ferrari. Nessuno aveva mai osato tanto, anche se nella stessa Cina da tempo ormai scopiazzano in modo spudorato Daewoo Matiz, Honda Cr-V e in modo meno palese Bmw serie 7 e Mercedes varie.
Quella che hanno copiato i cinesi poi non è una Ferrari qualsiasi, ma una rarissima 330 P4 del 1967 che vinse tantissime gare e divenne universalmente famosa dopo la memorabile tripletta a Daytona con arrivo in parata e le tre macchine (prima, seconda, e terza) che tagliano il traguardo affiancate.
La copia è stata svelata direttamente da Franco Frattini, vicepresidente della Commissione europea, in occasione dell’annuncio della nuova iniziativa UE contro la contraffazione.
“Ne esistono soltanto sei esemplari al mondo… Beh, questa è la settima”, ha scherzato Frattini mentre mostrava alla stampa internazionale la 330 P4 cinese rossa fiammante, parcheggiata in uno squallido campo cinese alla periferia di Shanghai.
“E’ una berlinetta, è bellissima – continua Frattini – è stata bloccata. Mi hanno spiegato che ne sono state prodotte pochissime. E che è stata imitata e prodotta in Cina”.
Dalle foto che ha mostrato Frattini è difficile capire se la macchina sia stata copiata bene o male (anche se si accettano scommesse sulla seconda ipotesi: una vettura Sport del 1967 è complicatissima da replicare), ma l’impatto estetico sembra quello giusto.
La P4 rimane comunque una macchina unica (l’originale vale più o meno 3 milioni di dollari) e nessuno potrebbe mai essere ingannato difronte a una replica: si trattava di una macchina da corsa con un pedigree registrato in ogni minimo passaggio. La macchina esteticamente è molto simile alla 330 P3, montava un V12 riveduto in profondità da Franco Rocchi che grazie alle tre valvole per cilindro, due per l’aspirazione ed una per lo scarico sviluppava 450 cavalli a 800 giri con una cilindrata di 3967,44 cc.
Come tutte le Ferrari dell’epoca aveva un telaio tubolare con rinforzi in lamiera, sospensioni a ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molle elicoidali e pesava appena 792 kg (si trattava di una macchina da corsa). L’alimentazione era assicurata dal sistema di iniezione Lucas. Rispetto alla 330 P3, il châssis era leggermente più corto ed aveva nuove sospensioni che miglioravano la tenuta di strada.
In tutti i casi il clone cinese fa riflettere: in primo luogo perché dimostra una notevole conoscenza storia da parte dei taroccatori che non si sono lanciati a copiare la solita GTO né una Testa Rossa, ma una vettura Sport prodotta in pochissimi esemplari. E poi perché se riescono a copiare macchine del genere, fra poco ne vedremo delle belle…
Articolo di Vincenzo Borgomeo pubblicato sul sito repubblica.it in data 26/04/06