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martedì, 03 Dicembre 2024
  • Tecnica ed evoluzione del motore Wankel

    La storia del motore Wankel si può far risalire, senza correre troppo indietro nel tempo, all’ormai lontano 1964, anno in cui l’azienda tedesca NSU è in grado di offrire ai propri clienti una vettura dotata di un motore a pistone rotante.
    In realtà i contatti tra Felix Wankel e il costruttore giapponese furono attivi già qualche anno prima; è infatti nel novembre del 1961 che Mazda, durante i test effettuati sul motore NSU, mette a punto la sua prima unità a pistone rotante. Nell’aprile del 1963 nasce l’RE, ossia il dipartimento di ricerca, di Mazda, dedicato appunto ai motori rotativi (RE sta infatti per Rotary Engine); il prototipo della Cosmo Sport, prima vettura Mazda equipaggiata con un Wankel, percorre, lungo le strade del Giappone, più di 600.000km, distanza che permette agli ingegneri giapponesi di raccogliere una moltitudine di dati tecnici utili a identificare i punti critici del progetto Wankel. Bisogna aspettare il 30 maggio 1967 per assistere alle prime consegne della Cosmo Sport, auto con cui Mazda inaugura la felice corsa verso la più estrema evoluzione del motore rotativo, quello montato sull’attuale RX-8 e noto con il nome di Renesis. Riassumeremo, tra breve, le interessanti caratteristiche tecniche del Renesis; vale però la pena fare qualche passo indietro per scoprire le principali differenze tecniche esistenti tra un motore tradizionale a pistoni e un propulsore a pistoni rotanti. Solo in questo modo sarà possibile capire, ma soprattutto interpretare, nel giusto modo la filosofia Mazda potendo, allo stesso tempo, apprezzare le doti prestazionali della RX-8.
    Come è possibile osservare dalle immagini che accompagnano il testo dell’articolo, la fondamentale differenza tecnica tra un motore tradizionale e uno a pistone rotante sta proprio nel cuore del sistema, ossia negli elementi che generano i valori di coppia e potenza necessari al moto. Il classico manovellismo (biella-pistone-manovella), infatti, viene sostituito da un elemento che prende il nome di rotore e che rappresenta il pistone del motore rotativo. Con la sua forma simile a quella di un triangolo equilatero a lati convessi questo componente ruota all’interno di una camera opportunamente conformata che viene definita statore. Come nel caso del motore a pistone, a due tempi, il rotore svolge anche funzione di distributore, ossia è demandata ad esso l’azione di apertura e chiusura delle luci di immissione e scarico durante la rotazione. Questa rotazione, ottenuta con la successione delle fasi che caratterizzano il classico ciclo a quattro tempi, si traduce in una rotazione dell’albero motore secondo un rapporto di uno a tre, ossia, a un giro del rotore corrispondono tre giri dell’albero motore. Considerazioni tecniche successive portano a concludere che, a differenza del tradizionale motore alternativo, a ogni giro dell’albero motore corrispondono tre fasi del rotore (dotato appunto di tre diverse camere). Ulteriori considerazioni, sempre di carattere prettamente tecnico, permettono anche di legare le cilindrate delle due tipologie di motori; ciò che si ottiene, in definitiva, è che un propulsore Wankel, con ciclo a quattro tempi e con un solo rotore, può essere equiparato ad un bicilindrico tradizionale (sempre a quattro tempi) ma di cilindrata doppia. Bisogna poi aggiungere che la particolare conformazione dei motori a pistoni rotanti permette, in linea teorica, di ottenere alcuni notevoli vantaggi tra cui l’assenza, o quasi, di forze non bilanciate (ciò è dovuto proprio alla mancanza di parti dotate di moto alternato), la riduzione del numero di componenti necessari al funzionamento del motore e di conseguenza, oltre a un minore peso, una maggiore semplicità costruttiva.
    Perchè allora il motore Wankel non ha incontrato il favore di tutti i costruttori automobilistici? La risposta a questa domanda è, come spesso accade, legata a questioni di natura tecnica; i grandi problemi a livello di sollecitazioni termiche e meccaniche hanno, infatti, impedito lo sviluppo di questi particolari motori. Tra i maggiori limiti vale la pena sottolineare il problema della tenuta dei gas e la forma, piuttosto allungata, della camera di combustione. Quest’ultima si presenta, infatti, con una conformazione esattamente opposta a ciò che la tecnica automobilistica insegna essere corretto; l’elevato rapporto superficie/volume non è certo uno dei migliori presupposti per ottenere una combustione corretta e non è un caso se nei motori a pistoni rotanti viene utilizzata la tecnica della doppia accensione.
    Mazda, però, che da sempre ha creduto nella filosofia del Wankel, ha proseguito nello sviluppo di questo tipo di motore e oggi il costruttore giapponese può essere ritenuto il punto di riferimento per quanto riguarda i propulsori a pistoni rotanti. Praticamente tutti i problemi tecnici di maggior spessore sono stati risolti e il prodotto RX-8, equipaggiato con il Renesis, ne è una perfetta testimonianza. A prova di questo fatto basta citare i cinque anni di garanzia a chilometraggio illimitato offerti da Mazda per RX-8, traguardo che molti costruttori non hanno ancora raggiunto pur utilizzando, sui propri veicoli commercializzati, motori tradizionali.
    Ma vediamo più in dettaglio le novità tecniche del propulsore montato sulla RX-8. Costituito da due rotori con cilindrata unitaria di 654cc, il nuovo gioiello di casa Mazda è in grado di sviluppare 240cv di potenza massima a 8.500 giri/min e 211Nm di coppia massima a 5.500 giri/min nel caso della versione più performante.
    Le luci di aspirazione e scarico, normalmente posizionate nella zona dello statore corrispondente alla parte periferica del rotore, sono adesso sistemate sul lato del rotore stesso con notevoli benefici per quanto riguarda i problemi relativi all’incrocio delle fasi di aspirazione e scarico. Considerando sempre la versione più potente di questo motore, vale la pena di sottolineare la presenza della geometria variabile in aspirazione e l’adozione di tre iniettori per ogni cilindro; a questi si uniscono il corpo farfallato a controllo elettronico e il misuratore di portata aria del tipo a film caldo.
    Il problema della tenuta degli anelli elastici del rotore è stato risolto con lo sviluppo di nuovi componenti, costruiti con materiali innovativi, dotati di particolare conformazione atta a eliminare il fenomeno di blow-by tra due camere adiacenti. Molto tempo è stato dedicato allo sviluppo del sistema di aspirazione che nel caso del propulsore più potente (quello preso in esame in queste pagine) può far conto su tre luci di immissione e su una complicata e intricata geometria dei condotti in aspirazione. Come è infatti possibile apprezzare, dalle immagini relative alle configurazioni assunte dal circuito di aspirazione, in corrispondenza dei diversi regimi di rotazione, la respirazione del motore è stata ottimizzata in dettaglio e ciò ha permesso di raggiungere un’erogazione fluida e costante dei valori di coppia e potenza.
    Il Renesis rappresenta la più grande evoluzione di quell’idea che Wankel sviluppò più di 60 anni fa; onore al merito per il costruttore giapponese che ha saputo raccogliere una sfida tecnica di importanza rilevante, giungendo a realizzare un prodotto di notevole spessore tecnico (il Renesis) e una vettura di grande carattere. Rimane invece ancora il giallo sul possibile exploit commerciale del Wankel, visto che il confronto tecnico tra motore a pistoni rotanti e motore alternativo sembra essere ancora agli inizi.

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