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mercoledì, 10 Dicembre 2025

Audi e il mito del cinque cilindri: mezzo secolo di tecnica, performance e identità

Audi e il mito del cinque cilindri: mezzo secolo di tecnica, performance e identità

Il 2026 segnerà una ricorrenza rara nel mondo dell’auto: i 50 anni del motore a cinque cilindri Audi, un’architettura che ha modellato il carattere del marchio come poche altre soluzioni meccaniche. Nato nel 1976 sulla seconda generazione di Audi 100, quel frazionamento è diventato un simbolo tecnico grazie a un mix di erogazione corposa, ingombri contenuti e un timbro sonoro inconfondibile, generato dalla sequenza d’accensione irregolare 1-2-4-5-3. Una formula che, evoluta nel tempo, ha portato a vetture capaci di riscrivere le regole del rally, dettare nuovi standard prestazionali nelle competizioni statunitensi e aprire la strada alla gamma RS.

Il cuore della tradizione Audi: l’evoluzione del cinque cilindri

Il percorso del cinque cilindri Audi parte dalla necessità, negli anni ’70, di trovare un equilibrio tra prestazioni e compattezza per un modello destinato a salire di segmento. Si partì dal collaudato EA 827, all’epoca un quattro cilindri dall’enorme potenziale, aggiungendo un cilindro per migliorare la coppia e garantire fluidità senza compromettere gli spazi sotto cofano. La cilindrata salì così a 2,1 litri e la potenza raggiunse 136 CV, un valore già allora degno di riferimento.

Negli anni successivi Audi estese il concetto a nuove declinazioni: nel 1978 arrivò il primo cinque cilindri Diesel e nel 1979 il debutto della sovralimentazione con l’unità da 170 CV e 265 Nm della Audi 200 5T. Poi il salto epocale: il cinque cilindri turbo intercooler della Audi quattro, presentata nel 1980. La potenza di 200 CV, unita alla trazione integrale permanente, trasformò la percezione del marchio e aprì la porta ai trionfi nel Mondiale Rally, culminati nei titoli del 1982 e del 1983.

Il fascino di questa architettura si consolidò con la Sport quattro, più corta, più larga e dotata di un nuovo motore a quattro valvole da 306 CV, la vettura tedesca di serie più potente del suo tempo. La variante da competizione arrivò a sviluppare 450 CV, mentre la leggendaria S1 E2 guidata da Rohrl toccò quota 598 CV, firmando la storica scalata di Pikes Peak sotto gli 11 minuti.

Con questa base tecnica Audi lasciò il segno anche oltreoceano: la 200 quattro Trans-Am vinse il campionato nel 1988 con 510 CV, mentre la 90 quattro IMSA GTO portò a casa il titolo turismo USA grazie a 720 CV estratti da una cilindrata di poco superiore ai due litri.

A metà anni ’90, con l’avvento dei V6, il cinque cilindri si congedò dalla produzione di larga scala, salvo tornare in grande stile con Audi TT RS nel 2009. Il 2.5 TFSI mostrò subito un potenziale enorme, inaugurando una nuova era culminata nel progetto introdotto dal 2016: basamento interamente in alluminio, riduzione degli attriti interni, canne cilindri rivestite al plasma, pompa dell’acqua commutabile e una strategia di gestione termica sviluppata per ridurre consumi ed emissioni senza sacrificare la spinta.

Oggi l’ultima evoluzione del cinque cilindri vive nel 2.5 TFSI che anima Audi RS 3. Con 400 CV e 500 Nm, la compatta sportiva scatta da 0 a 100 km/h in 3,8 secondi e tocca i 290 km/h con pacchetto RS Dynamic plus. Tutto con un peso di circa 160 kg e meno di cinquanta centimetri di lunghezza, cifre che spiegano l’unicità di questo progetto.

La sigla TFSI introduce soluzioni raffinate: turbocompressore a 1,5 bar (fino a 2,5 di picco), iniezione diretta, basamento in lega leggera, coppa dell’olio in magnesio e un controllo valvole allo scarico completamente variabile, capace di enfatizzare il celebre “grido” del cinque cilindri. Anche l’efficienza fa un passo avanti grazie alla modalità efficiency, che permette alla vettura di veleggiare e sfruttare l’elasticità dell’unità per ridurre i consumi nelle fasi di carico parziale.

Un altro tratto distintivo rimane l’assemblaggio: ogni 2.5 TFSI viene costruito a mano nello stabilimento di Gyor, in Ungheria, su una linea composta da 21 stazioni presidiate da tecnici specializzati. Prima di lasciare la fabbrica, il propulsore affronta test meccanici ed elettronici a freddo e a caldo, comprensivi di avviamento e stress test, prima di essere spedito a Ingolstadt per l’installazione finale.

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