Un nuovo pericolo si aggira negli abitacoli delle auto: si chiama Facebook. Da oggi il colossale social network da 500 milioni di membri si può infatti aggiornare e consultare direttamente dalla macchina mentre si guida. L’idea arriva dalla General Motors che ha appena lanciato un’applicazione specifica per il suo sistema multimediale OnStar, già montato su molte delle sue marche. Un’applicazione su cui Gm punta molto e che molto probabilmente dovrebbe fare polpette di altri sistemi simili della concorrenza, a partire dal famoso Ford Sync. La stessa GM però mette le mani avanti e spiega che questo sistema punta sulla "connettività responsabile" e sulla sicurezza. Già. La sicurezza. Intanto, sia pure esclusivamente attraverso comandi vocali chi guida può aggiornare il suo profilo, farsi leggere (dalla solita voce un po’ metallica) i nuovi messaggi e navigare in lungo e in largo sui vari profili di Facebook.
Tutta la tecnologia per ora è ancora in fase di sperimentazione ma, in realtà, l’integrazione di Facebook con OnStar è già totale perché consente davvero agli abbonati di inviare aggiornamenti del proprio profilo direttamente dalla macchina. Utilizzando un telefono Bluetooth collegato al sistema dell’auto il conducente può infatti farsi leggere qualsiasi messaggio di testo. E, poi, può decidere se rispondere vocalmente oppure azionare un paio di pulsanti sul volante che mandano in linea automaticamente il messaggio "Ho ricevuto un messaggio di testo, ma sono attualmente alla guida", oppure: "Per favore mi chiami?"
A giudicare però da come funziona il sistema OnStar (e il video che pubblichiamo lo dimotra chiaramente), c’è da giurare che ben pochi ricorreranno a quei due pulsanti… Sembra un gioco ma questo è solo l’inizio di quanto OnStar potrebbe proporre in futuro perché su questo fronte l’investimento della GM è enorme. Del resto secondo i dati della Consumer Eletronics Association, la spesa per gli accessori automobilistici elettronici raggiungerà i 15 miliardi di dollari entro l’anno. Più del doppio rispetto a cinque anni fa.
16/09/2010
repubblica.it