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lunedì, 15 Dicembre 2025

La rivoluzione silenziosa di Italdesign: quando UST prende il timone del design italiano

La rivoluzione silenziosa di Italdesign: quando UST prende il timone del design italiano

Nel panorama automotive esistono passaggi di proprietà che scorrono quasi inosservati e altri che segnano un vero cambio di era. La decisione di Audi di cedere il controllo di Italdesign rientra senza dubbio nella seconda categoria. Dopo oltre un decennio sotto la guida tedesca, lo storico centro stile piemontese avvia una nuova fase passando a UST, gruppo tecnologico statunitense con base in California e una forte vocazione digitale.

Si chiude così un capitolo iniziato nel 2010, quando Audi acquisì la quota di maggioranza della società fondata da Giorgetto Giugiaro, completando poi l’integrazione nel 2015 all’interno dell’universo Volkswagen. Un legame che non si dissolve del tutto: attraverso Lamborghini, il gruppo continuerà infatti a mantenere una presenza indiretta, segno di una relazione industriale che resta viva anche nel passaggio di consegne.

Italdesign affronta questo snodo con il peso, e il prestigio, di una storia unica. Dal 1968 ha firmato progetti capaci di ridefinire il linguaggio dell’auto: dalla Volkswagen Golf alla Scirocco, dalla Passat alla BMW M1, passando per modelli chiave di Fiat, Alfa Romeo e persino per applicazioni industriali come i trattori Lamborghini. Un percorso che ha saputo muoversi tra icone assolute e produzioni più popolari, influenzando marchi europei e asiatici, dalla Hyundai Pony fino alla recente Hongqi HS5.

UST e Italdesign: il futuro del design automobilistico tra software e creatività italiana

Con l’arrivo di UST, realtà globale con oltre 30.000 dipendenti in più di 30 Paesi, il baricentro si sposta verso le tecnologie che oggi definiscono la mobilità: intelligenza artificiale, cybersecurity, analisi dei dati, architetture digitali e soluzioni software capaci di governare l’intero ciclo di sviluppo del veicolo. L’obiettivo dichiarato non è quello di snaturare Italdesign, ma di integrare la sua cultura progettuale con una visione orientata all’auto connessa e definita dal software.

Un’unione che mette insieme due mondi apparentemente lontani: la tradizione del design italiano e l’ingegneria digitale avanzata. Un connubio che potrebbe dare vita a un nuovo modello di design automobilistico, più trasversale, dove stile, user experience e piattaforme tecnologiche nascono in modo sempre più integrato.

Non è un caso che l’ultimo progetto sviluppato sotto l’era Audi, l’EVX, sia stato presentato come un ologramma. Un coupé elettrico 2+2 basato su piattaforma MEB+, mostrato in forma digitale anziché fisica: una sorta di manifesto involontario del passaggio verso una dimensione progettuale sempre più virtuale.

Resta aperta la domanda cruciale: Italdesign riuscirà a evolversi mantenendo intatta la propria identità o finirà assorbita nella galassia delle grandi aziende tech? La risposta arriverà nel tempo. Di certo, però, la storia insegna che alcuni marchi continuano a muoversi anche quando cambiano proprietario. E Italdesign, da oltre mezzo secolo, non ha mai smesso di farlo.

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