
Per oltre mezzo secolo Volkswagen ha incarnato un modello industriale che sembrava immutabile, il simbolo stesso della solidità tedesca. Oggi quel paradigma si incrina: il gruppo ha infatti avviato la produzione delle prime auto elettriche concepite, sviluppate, ingegnerizzate e collaudate direttamente in Cina, senza alcun passaggio europeo. Una transizione che ridefinisce non solo il ruolo della Casa di Wolfsburg, ma il peso dell’Europa nella mappa globale dell’automotive.
Questa trasformazione nasce da anni di investimenti e da un ecosistema manifatturiero che consente di ridurre significativamente i tempi e i costi di sviluppo. In Cina Volkswagen ha ricostruito una filiera completa, dal software ai componenti, fino ai test su strada.
Per alcuni modelli Volkswagen stima una diminuzione dei costi fino al 50%, agevolata da tre elementi determinanti: filiere più snelle, cicli di sviluppo ridotti fino al 30% e manodopera più competitiva.
Le prime vetture saranno destinate al mercato locale, ma non si esclude un futuro arrivo in Europa, scenario che metterebbe in discussione la tradizionale nozione di “produzione domestica”.
Volkswagen: una strategia per restare competitivi nel mercato cinese
La decisione non nasce da una ritirata industriale, bensì dalla volontà di recuperare terreno in un mercato che nei prossimi anni vedrà i costruttori cinesi controllare due terzi delle vendite grazie a politiche industriali aggressive e massicci incentivi statali. Su oltre 23 milioni di immatricolazioni l’anno (che diventano 30 includendo i veicoli commerciali) l’Europa, ferma a 18 milioni, appare meno dinamica e più esposta ai rallentamenti.
Alcuni costruttori occidentali hanno iniziato a ridimensionare la loro presenza nel Paese asiatico; altri, come Volkswagen, hanno optato per un approccio diverso: diventare più cinesi per competere alla pari. Un esempio viene da Audi, che insieme a FAW ha dato vita a un marchio pensato esclusivamente per il pubblico cinese, senza i celebri quattro anelli. La stessa direzione verrà seguita dal gruppo Volkswagen, che nei prossimi cinque anni lancerà circa 30 nuovi modelli elettrici dedicati al mercato locale.
Parallelamente, la filiale cinese del gruppo ha acquisito una piena autonomia produttiva, evidenziando un paradosso: Volkswagen può costruire i suoi modelli elettrici senza l’Europa, mentre l’Europa dipende dalla Cina per elementi critici come batterie, terre rare e semiconduttori.
In questo scenario, la scelta del gruppo porta alla luce un rischio crescente. Le tensioni geopolitiche e casi recenti, dal dossier Nexperia alla pressione di Pechino sui chip europe, mostrano quanto affidarsi alla Cina per componenti strategici possa esporre l’industria occidentale a vulnerabilità difficili da controllare. Un equilibrio precario che accompagnerà l’evoluzione dell’automotive nei prossimi anni.





