LONDRA – L’unica azienda automobilistica ancora in mani britanniche vende alla Cina per salvarsi dal fallimento. La Mg Rover ha annunciato ieri un accordo preliminare per una fusione con la Shangai Automotive Industry Corporation, che darebbe ai cinesi il 70 per cento della centenaria industria britannica in cambio di un investimento pari a un miliardo di sterline, circa un miliardo e quattrocento milioni di euro. L’intesa, preannunciata in prima pagina dal quotidiano Independent e dalla Bbc, dovrebbe essere firmata ufficialmente all’inizio del 2005, dopo l’approvazione formale da parte del governo cinese, proprietario della Shangai Automotive; la quale avrebbe però già versato un anticipo di 40 milioni di sterline alla Mg Rover, i cui dirigenti danno la fusione per certa.
E’ in realtà la seconda volta che la Mg viene ceduta a un’impresa automobilistica straniera: nel 1994 fu acquistata dalla Bmw all’interno del “pacchetto” della British Leyland, che oltre alla Mg Rover comprendeva i marchi Austin, Morris, Jaguar e Trumph. Ma le perdite del gruppo, anziché diminuire, continuarono a crescere, cosicché nel 2000 la Bmw rivendette la Mg Rover per la somma simbolica di 10 sterline a un consorzio di quattro uomini d’affari inglesi, poche ore prima che i liquidatori arrivassero a Longbridge, fabbrica e quartier generale della compagnia, per dare esecuzione al fallimento.
La Bmw lasciò loro in eredità un passivo di oltre cinquecento milioni di sterline, e trattenne per sé il solo successo dell’azienda – la Land Rover – per venderla separatamente alla Ford per un miliardo e ottocento milioni di sterline, mantenendo così alla fine nelle proprie scuderie soltanto uno dei marchi di cui era entrata in possesso comprando la British Leyland, cioè la Mini. I quattro business men inglesi, tuttavia, si sono guadagnati una pessima reputazione, tra accuse di inefficienza e avidità . Sotto la loro gestione, la Mg Rover ha accumulato nuove perdite e progressivamente diminuito la sua quota di mercato.
Quarant’anni fa produceva il 40 per cento delle auto vendute in Gran Bretagna e aveva 25 mila dipendenti; oggi occupa appena il 3 per cento del mercato nazionale, suo minimo storico, con 6 mila dipendenti. Sembrava destinata a un’inevitabile chiusura, prima che arrivassero i salvatori cinesi.
La Shangai Automotive è viceversa una delle aziende automobilistiche con la più rapida ascesa al mondo: l’anno scorso ha prodotto 600 mila vetture, cresce al ritmo del 40 per cento annuo, punta a raggiungere 3 milioni e mezzo d’auto vendute entro cinque anni. La Mg Rover a maggioranza cinese dovrebbe produrre macchine in quattro categorie – grande, media, piccola e sportiva – rimpiazzando come prima cosa la Rover 45 con un nuovo modello.
Il vantaggio reciproco della fusione è evidente: la minuscola Rover potrà disporre di un’economia di scala molto maggiore, la Shangai Automotive si approprierà di un marchio di prestigio, un tempo considerato la “bandiera” dell’auto britannica. Dalla Rolls Royce alla Bentley, dalla Jaguar alla Aston Martin, dalla Mini alla Land Rover, e ora anche la Mg, l’industria automobilistica del Regno Unito si è dunque completamente arresa allo straniero.
Non solo: sono sempre di meno le auto di questi marchi prodotte direttemente in Gran Bretagna. “Perché meravigliarsi?”, commenta l’Independent. “Non è esclusivamente questione di automobili, anche altre industrie manifatturiere britanniche, dall’elettronica alle motociclette alle macchine utensili, sono già finite in mani straniere, in America o in Estremo Oriente”. Prima le miniere, poi le automobili, quindi il resto: agli inglesi rimangono la finanza e i servizi. Un giorno, il paese in cui nacque la rivoluzione industriale non avrà più un’industria manifatturiera.
dal corrispondente
ENRICO FRANCESCHINI
Articolo apparso su repubblica.it in data 21 novembre 2004