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domenica, 10 Novembre 2024
  • Arriva l’auto con il sesto senso. La General Motors lancia la sfida

    Ci siamo: la General Motors, che da anni sta mettendo a punto una segreissima tecnologia in grado di prevenire incidenti segnalando ai guidatori il pericolo rappresentato da altri veicoli i movimento, ha svelati cosa c’è dietro i suoi prototipi.

    Queste concept car – grazie ai nuovi sistemi di comunicazione General Motors V2V (vehicle-to-vehicle) – possono comunicare e scambiarsi informazioni come posizione e velocità, mentre i piloti possono essere avvertiti in anticipo se un altro veicolo sta passando in un’area al di fuori del loro campo visivo o è fermo in un punto dove è difficile od impossibile vederlo o si sta approssimando allo stesso incrocio.

    “Guidare è una cosa molto complicata. Sapere dove sono gli altri utenti della strada e cosa passa loro per la testa può rivelarsi determinante per la migliore gestione del proprio veicolo” dice Hans-Georg Frischkorn, direttore esecutivo, Global Electrical Systems, Controls and Software. “La tecnologia V2V ci permette di aumentare la conoscenza dell’ambiente in cui ci si muove e di migliorare la sicurezza stradale, riducendo le possibilità di distrazione per il conducente e senza abbassarne il livello di attenzione. Questa specie di “sesto senso” fa sapere agli automobilisti cosa sta accadendo attorno a loro, li aiuta ad evitare possibili incidenti e migliora lo scorrimento del traffico”.





    Per il funzionamento di questi sistemi General Motors utilizza componenti collaudate ed affidabili. L’hardware consiste in un microprocessore, in ricevitori GPS (Global Positioning System) e in moduli Wireless LAN. Gli autoveicoli si collegano fra loro quando sono a poche centinaia di metri l’uno dall’altro e si scambiano informazioni su posizione, velocità, accelerazione e direzione di marcia.

    L’attuale stato di sviluppo di queste nuove tecnologie è stato già dimostrato attraverso la loro applicazione su alcune automobili Cadillac, Saab, Opel e Chevrolet. Un dispositivo di allarme riduce al minimo il rischio che al guidatore possa sfuggire la presenza di un veicolo al di fuori del suo campo visivo. Parecchie funzioni aiutano ad evitare quei tamponamenti che si verificano ogni giorno per scarsa visibilità, sconnessioni stradali o brevi momenti di distrazione.

    I sistemi sono inoltre in grado di segnalare la presenza di veicoli fermi lungo la strada ancora prima che il guidatore possa vederli (dietro ad una curva, ad esempio) oppure di avvertire gli utenti che sopraggiungono se c’è una vettura ferma per un’emergenza; nel caso in cui poi quest’ultima “avverta” il rischio di essere tamponata le sue luci posteriori cominceranno a lampeggiare automaticamente.

    Dispositivi di allarme posti invece all’interno delle vetture che seguono ne mettono in allerta i guidatori in modo che abbiano tempo sufficiente per frenare o effettuare una manovra d’emergenza. A seconda della situazione, il sistema trasmette questi allarmi tramite messaggi visivi e sonori oppure facendo vibrare il sedile del guidatore.

    Un altro dispositivo migliora invece la sicurezza quando ci si avvicina agli incroci. Anche se i due veicoli non sono in contatto visivo fra loro, la possibile collisione è anticipata avvertendo i guidatori e, se necessario, azionando i freni. Nel caso di lavori in corso o di veicoli di soccorso possono essere inviati segnali che indichino il percorso da seguire o l’eventuale strada bloccata.

    Per questa tecnologia General Motors ha volutamente utilizzato componenti collaudate ed a basso costo, in modo che possa diventare una dotazione di serie di molti veicoli. In alternativa si potrebbero offrire complessi sistemi altamente tecnologici su poche vetture.

    “Il gruppo GM ha sempre lavorato su novità “democratiche”, spiega Hans-Georg Frischkorn. “I nostri sistemi V2V hanno costi accessibili e possono essere montati su autoveicoli di ogni genere. Ciò è particolarmente importante in quanto dispositivi come questi sono realmente efficaci solo se largamente diffusi”.


    Articolo pubblicato sul sito www.repubblica.it in data 23/02/07

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