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venerdì, 29 Marzo 2024
  • Ricambisti ed officine italiane: rischio shopping dall’estero?

    Sono sempre e comunque i numeri di targhe a fine anno che determinano la qualità di un mercato che cerca a fatica di tornare ai fasti di oltre 10 anni fa. Quando, per intenderci, la finanziarizzazione estrema delle modalità di acquisto ed il consolidamento di politiche commerciali (fortemente sostenute dalle Case Madri) di stimolo alla sostituzione programmata dell’usato fecero lievitare i volumi di immatricolato a livelli mai visti prima.10 anni fa, appunto. Poi però le cose cambiarono. Arrivò la gelata dei “mutui Subprime” del 2007 in America ed il crack Lehman. Da Oltreoceano la crisi si estese al mondo, all’Europa ed all’Italia, che praticamente dal 2010 nel comparto Auto cominciò ad inanellare anni di carestia. Anche in quel periodo tuttavia l’importanza dei media e dei vari Governi che si sono succeduti ha privilegiato l’attenzione al solo andamento delle vendite di auto nuove, trascurando quasi del tutto di rianimare anche quelle voci del mercato che sono invece quelle che danno valore aggiunto e redditività a tutto il comparto: il Service Management, l’Autoriparazione, il commercio e la distribuzione Ricambi, oltreche’ il corollario di servizi avanzati (ICT, Formazione, Produzione macchinari ed apparecchiature per la manutenzione e riparazione). Tutto un mondo che nel periodo della recessione ha segnato davvero parecchio la congiuntura economica.  Basterebbe ricordare l’anno terribile 2012: segno meno su vendite auto nuove, Trasferimenti proprietà usato, ma anche e soprattutto su vendita ricambi, spese manutenzione auto e pneumatici

    Un parco circolante vecchio e mal gestito. Quindi interessante….

    parco autoPerché se è vero che il parco auto circolante italiano è tra i più cospicui del mondo (densità per numero di abitanti) e tra i più longevi del mondo (praticamente oltre una auto su due in circolazione ha più di dieci anni), proprio per questo potrebbe garantire in fatturato e in servizi a valore aggiunto all’economia italiana (quanto a vendita ricambi e manutenzione meccanica) cifre importanti a fine anno. Questo al di là di ogni performance di vendita di auto nuove, visto che per redditività la suddetta voce commerciale presso gli stessi dealers europei rappresenta ormai una delle ultime in elenco. Tanto è vero che in altre parti d’Europa i dealers hanno da tempo riorganizzato la loro rete commerciale e le linee di business promuovendo la vendita di ricambi, di servizi a valore aggiunto e valorizzando la struttura di post vendita a servizio manutenzione sul territorio. Un percorso virtuoso che in Italia è stato affrontato quasi “a macchia di leopardo” non solo territorialmente ma anche per tipologia di impresa. Infatti ancora oggi tanti dealers continuano a incentrare il maggior risultato economico dalla vendita di auto anziché dai servizi a valore aggiunto. E tuttora molti piccoli ricambisti ed autoriparatori non hanno una meccanizzazione di magazzino e di officina degna di questo nome. Per non parlare dei supporti di Rete (Siti Web aziendali, portali di E-commerce, Internet reputation) che solo una percentuale ridottissima di imprese automotive possiedono e sanno gestire. Allora la domanda – scomoda – alla quale vorremmo provare a dare una ipotetica risposta è : potrebbero esserci le condizioni per un diffuso “shopping estero” di imprese nazionali, piccole o grandi, legate al mondo dell’autoriparazione e della distribuzione e commercio ricambi?

     

    Manutenzione Auto e Ricambi : un mercato importante

    manutenzione autoIn Italia, secondo le stime dell’Osservatorio Autopromotec, nello scorso anno gli automobilisti hanno speso oltre 39 miliardi di Euro per voci di manutenzione e riparazione. Ovviamente il capitolo di spesa per la cura dell’auto è tra quelli che con il passare del tempo detiene trend di crescita spesso in controtendenza con la congiuntura del mercato. E dunque riguarda un comparto interessante, soprattutto in Italia. I motivi? Almeno 4:

    1. L’anzianità e la densità (unità pro capite) del parco auto circolante nazionale che nonostante la riduzione del periodo medio di proprietà ed il consolidarsi di cicli programmati di sostituzione mantengono valori tra i più alti a livello mondiale;
    2. La ridotta dimensione ed eccessiva polverizzazione sul territorio della distribuzione commerciale e dei servizi di autoriparazione che per dimensione e risultato economico si possono ritenere realisticamente dei casi borderline di attività di business;
    3. Il know how e il patrimonio formativo di tanti protagonisti del mercato attuale, legato anche ad un rischio “passaggio di consegne” , cioè il passaggio generazionaltra vecchi protagonisti e una nuova generazione forse meno ispirata dall’attività di famiglia;
    4. La scarsa attenzione dei dealers e dei commercianti più organizzati al commercio ricambi ed alla fornitura di servizi a valore aggiunto. A questi “antichi mali” dell’automotive nazionale si sommano la previsione di una congiuntura sfavorevole, una serie di passaggi epocali di tutto il mercato mondiale diviso tra elettrico si ed elettrico no, tra esplosione dell’e-commerce e ruolo del punto vendita fisico tradizionale. E soprattutto la pressione della nuova concorrenza orientale (Cina ed India) sull’industria occidentale.

    Senza dimenticare i pasticci e la confusione – anche involontaria – che l’azione del Governo nazionale e dei provvedimenti locali su traffico e tutela ambientale generano sugli operatori nazionali dell’autoriparazione e del commercio ricambi. Tutto questo potrebbe indebolire inesorabilmente le imprese operanti e/o lasciare intere aree di business in mano a potenziali operatori esteri? Il tempo ci dirà se questa ipotesi sarà un rischio od una opportunità.

     

    Riccardo Bellumori

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