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mercoledì, 06 Dicembre 2023
  • L’auto è in crisi, ma non sembra. Ecco il vero valore del mercato

    Il mercato dell’auto è in ginocchio, ma qualche dubbio ti viene in una sala gremita di concessionari dove c’è probabilmente la più grande concentrazione di Rolex Daytona al mondo e dove tutte le comunicazioni avvengono quasi esclusivamente con iPhone. Fra l’altro a guardare i numeri snocciolati dalla ricerca “Il mercato auto a valore”, presentata oggi al congresso “La capitale automobile” i dubbi trovano conferma perché nel 2007 in Italia si sono spesi (al netto di sconti e incentivi) 45,5 miliardi di euro per acquistare auto nuove, ossia il 7,4% in più rispetto al 2006 quando si spesero 42,3 milioni di auto.

    L’incredibile dato arriva non solo per l’aiuto che gli incentivi hanno portato alle vendite nel 2007, ma anche per il motivo che si sono vendute più auto costose che in passato. Una tendenza che però rischia di invertirsi per il prossimo futuro: “La questione ora – spiega infatti Pier Luigi del Viscovo, direttore scientifico del centro studi Fleet & Mobility – non è il 2008, ma il 2009, di cui non si sa nulla”. E in questa incertezza Massimo Ghenzer, ex presidente storico di Ford Italia e oggi grande analista, spiega che “è sempre più importante prendere in considerazione l’effettivo fatturato delle aziende dell’auto, è questo quello che conta. La situazione di mercato attuale richiede fra l’altro di capire cosa è successo negli ultimi 20 anni nel mercato italiano, un mercato che si è sempre espresso sui 2,3 milioni di auto, salvo il momento della svalutazione della lire. Detto questo, diventa sempre più importante capire qual è la reale dimensione del mercato. E riguardo la crisi – conclude Ghenzer – a mio avviso l’aumento del prezzo della benzina è una grande opportunità perché così gli americani capiscono che c’è necessità di avere auto a bassissimo consumo. Ci sono resistenze psicologiche e culturali enormi perché è difficile convincere la gente a usare auto più piccole”.





    Analizzando infatti il mercato per volume e non per numeri di vendita si scopre infatti che Fiat resta al vertice del mercato visto che la sua quota è cresciuta allo stesso modo sia in volume (24,0% vs 23,2%) che in valore (17,9% vs 17,1%), grazie a un incremento del valore dei prodotti offerti pari all’1,5%.

    “La performance più significativa – spiegano però gli autori della ricerca – è senz’altro quella registrata da Volkswagen, che ha decisamente puntato sul valore dei prodotti, sostenuto dalla forza del brand. Infatti, il valore medio registrato – sia a livello di brand sia a livello del prodotto Golf – segna un incremento pari a circa l’11% rispetto al 2006: ciò ha comportato una contrazione della quota a volume (6,1% vs 6,4%), ampiamente bilanciata dall’aumento della quota di mercato a valore (6,7% vs 6,3%). Apprezzabili anche i risultati di Ford che, sfruttando meglio degli altri la spinta all’acquisto proveniente dagli incentivi per la rottamazione, non solo ha consolidato la seconda posizione sul mercato a volume (8,0%), ma ha anche conquistato la stessa posizione in termini di valore (6,9%), grazie a un incremento del valore medio dei prodotti offerti pari al 5,7%. Altro caso rilevante è Nissan, che ha aumentato il valore medio dei prodotti di oltre il 14%, grazie al fatto che molte vendite della Micra sono state sostituite da Note e soprattutto da Qashqai”.

    Da questi numeri però non emerge la grande rivoluzione che sta subendo il mercato “perché come spiega Gianni Filipponi, segretario generale dell’Unrae – sta cambiando in modo abbastanza serio il rapporta cliente-prodotto-ambiente perché oggi c’è una sensibilità diversa, sia politica che giornalistica ai temi dell’ambiente. Una volta quando si andava al dunque si guardava solo alla possibilità reale di circolare con una vettura ecologica e quanto poteva costare in più. Oggi le cose sono diverse. Fra le motivazioni di acquisto nella gamma che va dall’ecologia che passa per i consumi l’ambiente diventa importantissima. Fra poco avremo auto dove benzina e diesel avranno un a importanza marginale. Ci saranno case più piccole, e molte case che avranno un brand low cost. In ogni caso sta emergendo una tendenza alla prudenza da parte delle case madri che ora stanno cercando in tutti i modi di ridurre la produzione”.

    “In ogni caso – racconta Andrea Badolati, Ad Chrysler-Jeep Italia – le banche devono dare più spazio al consumatore e all’operatore del settore perché è necessario uscire da una sitiazione di tensione e di estrema difficoltà.

    Il motivo? “Lo choc petrolifero – spiega Paone, vice presidente Fiat – è stato forte, enorme: quando si è raddoppiato il costo del petrolio, anche se poi siamo tornati indietro, il pubblico è rimasto spaventato. La crescita del petrolio ci ha svegliato e ci ha fatto capire che siamo completamente dipendenti dal petrolio. Noi abbiamo la tecnologia, ma dobbiamo accelerare la ricerca per mezzi di trasporto alternativi. E poi oltre allo choc petrolifero, c’è stato anche lo choc del costo del denaro. E quindi se consideriamo che la qualità delle auto è aumentata enormemente (sia per le piccole che per le grandi), è possibile tenerla più a lungo. E poi le auto grandi non servono più per viaggiare. E quindi la tendenza a investire su auto grosse è per forza di cose in diminuzione. L’industria dell’auto deve cambiare. Ma su questo siamo ottimisti, e non è un caso che il nostro Ceo, Marchionne, abbia confermato i dati del 2008 e il 2009″.

    “Il punto è – ha ribattuto Corso, presidente Assilea, associazione di operatori di leasing finanziario – che oggi c’è una vera inversione di tendenza: la gente sceglie vetture più piccole. A fronte di una riduzione dei contratti di leasing del 6%, noi registriamo infatti una contrazione del valore dei contratti del 9 per cento. E per questo la riduzione delle immatricolazioni non ci preoccupa: il leasing è un settore in forte crescita, almeno in Italia. Noi siamo ottimisti, anche se la situazione economica è difficile”.

    “Ma c’è poco di che essere ottimisti – contesta Vincenzo Malagò, presidente Federaicpa – perché non è vero che il 2007 è stato un anno straordinario e non è vero che il 2008 ha subito una crisi non prevista: sono anni che diciamo che il settore vive una tragedia. Nei miei 76 anni ho sempre avuto una regola: il passato è dei morti, il futuro è dei vivi. Ma posso affermare che gli anni peggiori di tutti – dal 1950 a oggi – sono stati il 2008 e il 2007: i margini di guadagnodi fatto non esistono più. Solo in Europa ci sono 2 milioni di auto in più prodotte, e a chi mi chiede se il mercato cambierà? Rispondo sicuro perché molti concessionari salteranno. Ci sono due parole che mi fanno paura, internet e globalizzazione. In questi momenti vendiamo gli sconti, ma noi siamo sempre bottegai e dobbiamo sempre accontentare il cliente. Ma senza aumentare la marginalità non si può salvare il settore. E la rottamazione deve essere radicalmente cambiata: deve essere un beneficio per il cliente vero e non deve essere legato all’acquisto di una macchina nuova”.

    Ma dal convegno emerge un altro dato, che conferma come Roma sia la vera capitale del mondo dei motori, con una quota del 42% del giro d’affari nazionale. Qui, hanno sede oltre all’Aci, anche la maggior parte delle società petrolifere, gran parte delle case automobilistiche, molte società di noleggio, assicurazioni e finanziarie:

    Il giro d’affari complessivo – pari al 42% del totale – è di 55 miliardi, con altri record: il primo posto per immatricolazioni: il 36% delle auto immatricolate in Italia è delle case automobilistiche che hanno la direzione a Roma; inoltre nella capitale ogni anno si registra il 14% delle immatricolazioni di auto sul totale nazionale.
    Non solo: Roma è anche al primo posto nel noleggio a lungo termine: il 61% del giro d’affari delle flotte aziendali a noleggio si concentra nelle mani di società che hanno la direzione nella capitale. E lo stesso discorso vale per il noleggio a breve termine: l’84% delle attività del rent a car (noleggio auto da 1 giorno a 1 anno) viene svolto da società con direzione a Roma. E, per finire, l’81% della benzina e del gasolio auto venduti in Italia è distribuito da società con sede nella capitale.


    Articolo pubblicato sulla Repubblica in data 31/10/08

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