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martedì, 03 Ottobre 2023
  • Fuori dal tunnel: la filiera dell’auto italiana intravede la ripresa

    L’Italia è il secondo Paese europeo per diffusione dell’automobile. Il coefficiente di motorizzazione individuale, misurato da Eurostat nel 2012, è di 621 auto per mille abitanti, dietro al valore di 660 del Lussemburgo e davanti a quasi tutti i grandi Paesi europei (530/1000 in Germania, 496 in Francia, 448 in Regno Unito). Ad evidenziarlo è l’ultimo studio dell’Osservatorio della filiera autoveicolare italiana, realizzato da STEP Ricerche per conto della Camera di commercio di Torino, in collaborazione con ANFIA e con la Camera di commercio di Modena. Diverse le ragioni di questo fenomeno. “Da ricercarsi – evidenzia il report –  sia nell’inferiore livello di infrastrutturazione nel campo dei trasporti pubblici (il che spinge verso il trasporto individuale), sia nel rapporto tra popolazione e territorio. L’Italia ha più municipalità, più centri minori e intermedi delle altre nazioni. Ha naturalmente meno addensamento urbano, anche nelle grandi metropoli, il che pure favorisce lo sviluppo della motorizzazione individuale. Vi sono poi fattori culturali, che hanno reso nel tempo famoso il sogno italiano legato all’automobile. Non si tratta semplicemente di produrre alcuni dei marchi più prestigiosi nel settore sport-luxury, ma di avere segnato la storia dell’automobilismo mondiale con i propri marchi, contribuendo a generare miti e leggende che motivano il piacere di guidare un’auto, magari italiana. Ferrari ha vinto 16 campionati mondiali costruttori e 15 campionati piloti nella massima classe, la formula 1, davanti a qualsiasi altro costruttore (Williams, McLaren). Lancia ha vinto 11 campionati mondiali rally, e ne detiene ancora oggi il maggior numero, nonostante abbia cessato questo tipo di competizioni”.

     

    Se la diffusione dell’automobile è alta, l’invecchiamento del parco circolante è però il record parallelo italiano.

    “Nella media dell’Ue, le auto con più di 10 anni di età– sottolinea l’analisi – rappresentano poco più di un terzo del totale. In Italia oggi sono il 47 per cento, valore massimo dell’Unione a 15 e inferiore solo a quello di alcuni paesi ex socialisti dell’est. In verità, come si vede dalla figura, nel 2007, ossia poco prima che iniziasse la crisi economica, le auto con più di dieci anni in Italia erano il 36 per cento, comprese tra il 32 per cento della Francia e il 37 per cento della Germania. L’evoluzione durante la crisi ha fatto impennare l’invecchiamento delle auto in circolazione e quelle con più di 10 anni sono cresciute di 11 punti di quota in soli sei anni. Due punti per anno. Nella crisi, in altri termini, gli italiani sono stati costretti a rallentare l’acquisto di auto per rinnovare il parco, determinando la situazione descritta e che, allo stato, appare piuttosto anomala, oltre che foriera di possibili problemi. Le auto più “datate” inquinano di più, consumano di più e, pur perfettamente revisionate, possono essere meno sicure, perché non incorporano i miglioramenti nei sistemi di sicurezza attiva e passiva che si sono realizzati negli ultimi dieci anni. Le auto di dieci anni fa non avevano ESP e TCS. Le auto di dieci anni fa non avevano sensori e telecamere per una visione ampliata. Meno auto, dieci anni fa, godevano della trazione integrale di quante l’abbiano oggi”.

     

    Il 2014 è l’anno del risveglio. Il 2015 sarà l’anno della vera svolta?

    “Nel 2014 – spiegano gli studiosi – sono spuntati sul terreno dell’economia italiana, percorso dalla crisi per sette anni, i primi fili d’erba della crescita. Sono stati pochi e, in qualche caso, prematuri. Si potrebbe parlare, più che di crescita, di segni di risveglio. I primi a consolidarsi, tra tutti, sono stati quelli finanziari, con la discesa dello spread, che misura il rischio connesso al debito pubblico italiano, e la crescita delle quotazioni azionarie, che quasi sempre anticipano quel che capiterà nell’economia reale.

    A seguire, si sono mossi gli indicatori di fiducia, e in particolare l’indicatore del clima di fiducia delle famiglie (che da gennaio 2013 a dicembre 2014 ha guadagnato quota da 85 a 102, +20%). Qualche segno di lenimento della crisi ha riguardato perfino il settore immobiliare, che ha visto le compravendite residenziali crescere in corso d’anno del 3,6 per cento, sia pure in un contesto di prezzi ancora in calo e che gli operatori prevedono debole per ancora due anni circa”.

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