La Bravo appena presentata è la dimostrazione che la Fiat ha realmente cambiato volto. Che non vuol dire più solo Panda e Grande Punto ma che è finalmente in grado di tornare nel mercato più difficile, quello della classe media, con un’automobile in grado di confrontarsi con grandi rivali come Golf, Focus e 306 da sempre considerate irraggiungibili.
Questa nuova Fiat torna in campo per correre subito da testa di serie in un mercato che vale oltre 3 milioni di vetture in Europa, un quarto delle vendite totali. Un mercato importantissimo per un grande costruttore. Fondamentale per gli alti margini di guadagno. Determinante per gli obiettivi futuri e il destino dell’azienda chiamata a sfruttare questa grande occasione soprattutto per “provincializzarsi”.
E’ questa, dunque, la grande sfida. “Una sfida carica di attese – come ha detto Marchionne – perché la Bravo è una pedina fondamentale del nostro business plan. Perché la Fiat è da troppo tempo assente da questo segmento e adesso possiamo davvero prenderci la nostra rivincita”.
Visti i numeri del gruppo sarà davvero una rivincita possibile. Perché i conti in rosso sono ormai dietro le spalle e perché i tempi di reazione si sono finalmente ridotti. Pensare, progettare e produrre una vettura del genere in soli 198 mesi vuol dire rientrare di forza tra i grandi costruttori. Vuol dire tornare a competere con chi due, tre anni fa era avanti chilometri e sembrava addirittura irraggiungibile. Si tratta di una trasformazione profonda che porterà la Fiat già da quest’anno a voltare pagina.
E sempre Marchionne al riguardo stavolta ha pochi dubbi: “Sarà la Bravo ad aprire questo nuovo capitolo, l’auto simbolo per entrare nel futuro e imboccare quel percorso che in quattro anni porterà l’intero gruppo Fiat a cambiar pelle completamente con 46 nuovi modelli e 2 milioni e 800 mila vetture vendute”. Le premesse sono buone ma i concorrenti fortissimi. I primi risultati di vendita della Bravo sapranno indicarci più di ogni altra cosa se i “Marchionne boys” hanno colpito ancora.
Articolo di Valerio Berruti pubblicato sul sito www.repubblica.it in data 31/01/07